anno 1355. 269 derfvasse cotanta collera del Falier: ecco per quanto lieve cagione questo vecchio grave e venerando, savio per l’addietro e circospetto, si cangiasse ora nell’ indole di un giovane il più impetuoso ed ardente. Alle cose fin qui narrate alcune mie osservazioni devo aggiungere, per cui rettificare alcune storiche dubbiezze di altrui. E primieramente non so intendere perchè il Tenlori, diligentissimo ncl-l’investigare la verità della storia nostra, abbia detto della condizione di Michele Steno il contrario di quanto io trovo in tutti gli antichi cronisti egualmente che nei moderni scrittori. Egli lo dice « giovane nobile e di aderenze molto possenti, non già povero • gentiluomo, come lo chiama il Laugier, tomo IV (1). » Non è il Laugier solamente, che lo chiami povero gentiluomo : cosi lo chiamano tulle le cronache, ove è mentovato; né d’altronde l'essere stato lui un povero gentiluomo escluderebbe punto l’avere avuto aderenze molto possenti. Le aderenze possenti non fanno prova veruna né di ricchezza né di povertà : e che lo Steno ne avesse molte e possenti, benché povero gentiluomo, lo credo aneli’ io, si perchè in età giovanile aveva potuto diventare uno dei capi della Quarantia, e sì perché la sua colpa, ch’era stata considerata assai grave prima che se ne conoscesse l'autore, sino a promettere un premio a chi lo avesse manifestato, diventò una colpa da poco e fu colpita con leggerissima pena loslochè la si conobbe commessa da lui. L’ affare, che in sulle prime era stalo portato al tribunale dei Dieci, potè, per la forza dei maneggi c delle aderenze, venire commesso alla Quarantia, di cui lo Steno era capo, acciocché ne avesse a riuscire più mite il giudizio. Ed inoltre non trovo appoggio all’ altra opinione dello stesso Tenlori, il quale cosi scrive sul proposito della donna amata dallo Steno. « Questi vagheggiava secondo alcuni cronisti una dami- • gella della moglie del doge e secondo altri con più fondamento li) Tentori. Stor ven^ tom. V, pag 2^5.