Í»i8 LIBRO XVI, CAPO VI. Tosto eh’ ebbe accettalo le condizioni, il Carrarese mandò a Venezia, accompagnato da mollissimi gentiluomini, il suo figliuolo Novello, perche desse alla repubblica la patteggiata soddisfazione. Era con lui anche il Petrarca, il quale, il giorno 2 di ottobre, giorno stabilito per la solenne udienza dinanzi al senato, era stalo incaricato di esporgli i sontimenti del principe padovano. Ma presentatosi a quell’augusto consesso, smarrì la favella per lo sbigottimento e per lo stupore, perciocché, come dice egli medesimo, gli parve di vedere un consesso non di uomini, sì bene di Dei (1): all’ indomani, rinfrancalo dell’ animo, potè parlare parole, che gli meritarono gli applausi dell’ adunanza da lui paventata. Novello da Carrara postosi quindi ginocchioni dinanzi al doge giurò pel padre e per sè l’osservanza delle stabilite condizioni e la conservazione di buona pace. Dopo la quale umiliante ceremonia, egli ritornò a Padova; le truppe ungheresi furono accommiatate; Taddeo Giustiniani giunse dall’ Ungheria co’ suoi colleglli di cattivila ed il vaivoda uscì libero da Venezia; i quattro ostaggi, che il Carrarese vi aveva mandato, a tenore del trattalo, ritornarono quindi a Padova in libertà. Eglino furono : Arecocan Buzacarin cognato di Francesco, Jacopo Scrovigno, Francesco de' Dotti e Jacoinino Gaffarello. CAPO VI. Slealtà del signore di Padova verso la repubblica di Venezia. Tulle queste sventure non avevano bastato ad ammaestrare Francesco da Carrara, nè a fargli mutare l’indole sua altera e simulatrice. Egli era vinto bensì; ma la sua umiliazione irritava vieppiù la malizia del suo carotiere. Pieno di confusione e di rabbia per la pace vergognosa, che aveva fatlo, impiegava tutta la (i) Cittadella, luog. cit., pag. 33?.