ansio 1328. 6< tempo appunto ili darsi di bel nuovo ai veneziani. Spedirono perciò a Venezia i loro ambasciatori, ed il governo gli accolse. Del che adontato gravemente il patriarca, mandò le sue lagnanze al senato ; il quale gli fece intendere, la repubblica nostra, non avere giammai ricusalo di aprire le braccia a chi correva spontaneamente a ricoverarsi sotto il patrocinio di lei ; massime se vi veniva pentito di essersene per lo addietro allontanalo. Ma il patriarca non si acquietò a siffatte risposte: si volse alle armi. Fu per ciò Cagione «■«rii stesso di molli danni alla provincia, che voleva ricuperare, « di ben maggiori n’ ebbe egli stesso a soffrire; perchè i veneziani alle armi di lui opposero ben presto le loro. Posero alla vela una divisione navale, condotta dal prode Giustiniano Giustiniani, il quale assali i pochi legni, che il patriarca aveva nel Quarnero; li predò, li distrusse : e poscia sbarcato sul litorale istriano, in-, seguì i nemici e ridusse il patriarca alla più dura situazione. Egli ailora umilialo, non trovò altra salvezza che nell’ implorare supplichevolmente la pace : nè valendo le sue istanze ad ottenerla, s» vide costretto a ricorrere alla mediazione del papa. La repubblica cedette all’alta dignilà del mediatore, ed acconsentì di rimettersi in pace coll’ umilialo prelato : le condizioni per altro non ne (ur«iio troppo favorevoli a lui. La primaria fu, che Valle e Poi.» rimanessero suddite ai veneziani. Non devo qui occultare, che il Sanudo, il de Monacis ed altri ■accontano questi fatti ; siccome anche la disavventura di Tommaso Viaro contro i Genovesi; sotto il doge successore del Soranzo. I più degli scrittori li collocano invece nell’ età di cui parlo. L’esatte/za storica volle che io notassi cotesta loro, benché lievissima, discrepanza.