232 LIBRO XIV, CAPO XV. verso il declinare dell’anno 1376, per ristabilire in Roma la sua residenza, la repubblica di Venezia gli mandò a complimentarlo i Ire ambasciatori Andrea Gradenigo, Giovanni Bembo e Zaccaria Contarini. Il terzo di questi aveva commissione di trattenersi, anche dopo compiuto il suo incarico c dopo la partenza degli altri due colleghi suoi, per trattare direttamente con esso e condurre a line, se fosse stato possibile, la controversia delle decime, al cui accomodamento avevano diretto ogni studio, sebbene indarno finora, i savj che in ¡specialità vi erano stali eletti. Ma l’ostinazione del vescovo Foscari diventava vieppiù sempre tenace « dicendo, che > voleva escomunicare tulli li commissarj et heredi, che non pagas- ■ sero le decime di lutti li denari et mercanlie lasciale per lesta- > mento, ovvero non lasciate. • E già egli aveva fatto pubblicare per tutte le parrocchie della città la sentenza di scomunica contro chiunque non avesse pagato le dovute decime sino alle prossime fesle del Natale; ed aveva comandato ai pievani di non amministrare i sacramenti, neppure in punto di morte, a chi fosse stalo difettoso su questo punto. Le quali misure di rigore vieppiù sempre irritavano il governo e compromettevano gravemente la pubblica libertà ; e per quanto gli fossero fatte istanze e preghiere, acciocché terminasse amichevolmente ogni litigio, egli sempre più si ostinava : non saprei dircseperpropria indole di caparbietà 0 piuttosto per seduttrice istigazione di perversi consiglieri, che per avventura gli si fossero avvicinati. Ed é pur funesta sciagura di que’ prelati e pastori, i quali, nella debolezza della loro mente incapaci di conoscere le finissime arti dell’ adulatrice servilità di chi li circondaci lasciano affascinare dall’ampollosa loquacità, e rimangono colti al laccio per guisa, che non parlano, non vedono, non odono, non pensano se non colla lingua, cogli occhi, colle orecchie, col cervello degli ambiziosi lor consiglieri. E intanto le cose della diocesi, maneggiate dal capriccio del prevalente fariseismo, precipitano sempre al peggio, e non appajono agli occhi del pastore, che ne ha tutta la responsabilità, se non quali gli e le dipinge l’ignoranza