anno 1351. 255 a mettersi alla vela verso le acque della Sardegna, ove nell’anno precedente aveva ottenuto la memoranda vittoria : colà calcolava di trovare i legni degli alleati aragonesi, e di poter con felice riuscita aspettare i genovesi, nel mentre che fossero passali per ritornare nell’ Adriatico. Ma in frattanto Pagano Doria, che aveva il comando della nuova flotta genovese, assicurato dell’arrivo del Pisani nelle acque della Sardegna, nè volendo arrischiarsi con lui, perciocché nc temeva lo scontro, formò il suo piano di guerra in tal modo, da poterlo evitare nel Mediterraneo, e oltrepassare invece colle sue venticinque galere sino ad entrare nel golfo a molestare i veneziani più da vicino nelle proprie loro acque. Una folta nebbia, che si levò poco dopo eli’ egli era uscito dal porto di Genova, favorì oltre ogni sua speranza il concepito disegno : potè sfilare le sue galere l’una dietro all’altra, e senza che il Pisani se ne fosse accorto tampoco, le unì tutte insieme nel mare della Sicilia. Entrò quindi nell’ Adriatico, c diede la caccia a tutte le navi mercantili veneziane, in cui si abbattè; poscia inoltrossi verso l’Istria, vi attaccò la città di Parcnzo (1), la prese e la devastò. L’annunzio di un tal fallo sparse la costernazione e Io spavento in Venezia. E più s’accrebbe il terrore al considerare, che la vicinanza di una flotta nemica, senza clic si avesse notizia del Pisani, forse lontano o forse disfatto, poneva in pericolo evidentissimo la sicurezza della dominante slessa. Furono prese perciò le più sagge misure. Venne eletto generale Paolo Loredano, a cui ubbidissero dodici nobili^ ciascheduno dei quali comandava trecento uomini ben armati ; si prese noia di tutta la popolazione della città per conoscere il numero dei nobili, dei cittadini, dei popolani atti al maneggio delle armi e del remo ; fu intimato un nuovo prestito di denaro, col frutto annuo del 37 per 100; fu munito di forte catena di ferro il porto di san Nicolò del Lido. « Nè deve far maraviglia ; » dice a questo proposito il dotto Bernardino Zendrini, nelle sue (i) Taluno disse la città di Pola : ved. il Tentori. cap. Il, § VI.