anno 1355. 249 mitralo, ignari ccrtameute del quanto egli fosse appassionalo per lo ingrandimento del suo dominio. Gli spedirono pertanto una solenne ambasciala, per rappresentargli, — che nello stalo infelice in cui si trovavano, di aver perduto in un solo combattimento tutte le loro forze navali, la necessità aveva loro suggerito una risoluzione, che riputavano l’unica per conseguire salvezza ; che l'odio conce-puto contro i veneziani, anziché scemare per la vergogna della sconfina, era divenuto in loro più veemente e più silibondo di vendetta ; clic in sul procinto o di cedere ai loro nemici ed umiliarsi, o di perdere 1’ antica loro Siberia, preferivano di sottomettersi ad un generoso padrone, piultosloché vedere trionfanti sulla loro sciagura gli abborriti rivali ; che a lui perciò spontaneamente si davano, lo pregavano ad accogliere di buon grado la loro sommessionc, ed invitavanlo a sottrarre dairignominia e dall’avvilimento Genova, eh- era quind’ innanzi città di lui. Lieto il Visconti di un’ occasione sì propizia e sì facile d’ ingrandire i suoi stali coll’ aggiungervi le pingui e deliziose terre dei genovesi, fece animo ai deputati ed assicurolli, — che non avrebbero mai a pentirsi della loro prudentissima risoluzione ; che avrebbe posto in opera ogni suo potere, per impedire 1’ estremo eccidio di una città sì ragguardevole, e per far loro ottenere nella protezione dei Visconti una costante superiorità contro tutti i loro nemici. Ricevuto 1’ omaggio dei genovesi, il nuovo padrone della loro città vi mandò il marchese Pallavicini a governarla in suo nome. E così un popolo, che aveva sempre saputo conservare gelosamente la propria indipendenza, se ne spogliò spontaneo da sé medesimo; più per altro a cagione delle intestine discordie, che lo tenevano disunito, di quello che per l’imponenza della dura necessità di sottostare sconfitto e di dover umiliato implorare dai suoi vincitori la pace. Bensì il Visconti, prudentissimo com’era, deliberò, prima di porsi in assoluta inimicizia colla potenza veneziana, di tentare ogni via di accomodamento onorevole di pace con essa. D’ altronde, i vol. iv. 32