30U LIBRO XV, CAPO III. queste parole : < Li ditti (della congiura) dovea amazar lutti quelli » che vegniva : et poi levar el ditto mes. Marin Falier signor de » Veniesia. » Sembrami, che, senza tanti commenti nè conghietlu-re, appariscano assai chiare le intenzioni del doge traditore e de’ suoi complici. Nè vi furono certamente se non la poesia e il fanatismo, che, inorpellando la verità, dipingessero il Faliero come un eroe della nazionale rigenerazione. Ma si lasci il falsificatore abbandonalo alla sua vergogna; si prosegua il cammino nella verità della storia. CAPO IH. Punizione dei colpevoli. Era cosa delicatissima l’istituire processo per una congiura, di cui era capo il doge medesimo. I decemviri, che ne avevano naturalmente l’incumbenza per dovere del loro ministero, non se ne riputarono sufficienti ; vollero, che alla loro magistratura fossero aggiunti venti savi patrizi, i quali dirigessero i loro passi con saggi ed opportuni consigli, acciocché un giudizio di tanta importanza per la salute dello stato fosse pronunziato con tutta la possibile dignità e circospezione. Quest’ aggiunta, che incominciò per una circostanza così solenne, fu continuala anche di poi, ed è quella. che nel dialetto nostro dicevasi zonta (1), e che formò una parte integrante del Consiglio dei dicci. I nomi dei nobili, che furono scelti in questa prima necessità, ci vennero conservati dal sunnominato cronista contemporaneo Nicolò Trevisan, coll’ ordine, che qui soggiungo: • Bernardo Giustinian, * Andrea Erizzo, » Andrea Contarmi, » Marco Michiel, » Simon Dandolo, » Nicolò Volpe, (i) Nc ho ilello qualche parola in altro luogo. Veti. Ilciij 4°- 'it'J voi. ili-