ANNO 1355. 279 ne rendeva pubblico il contenuto; cosicché lo scopo di coprire Ice cosa non mi par naturale, mentre già colla poca o nessuna diffusione del libro sarebbe rimasta la cosa egualmente celata. Chi scrive gli avvenimenti de’ suoi giorni, per conservarne^niemoria, nella persuasione che le sue pagine non siano portale in pubblico, scrive le cose come sono, e non si prende veruna cura a celar quelle che potessero offendere il decoro di chiunque siasi, verso cui avessero relazione. Anche il supposto equivocare dalla dogaressa alla damigella, perciocché qucsla fosse seduta lì presso, mi pare che non abbiasi a riputare per anco uscito dall’ amplissimo regno dei possibili. Ma lasciamo le conghictture, e ritorniamo alla storia. CAPO XXVI. Disgusti degli arsenalotti contro i nobili, da cui prende movimento la congiura di Marino Faliero. Pare, che una fatalità irresistibile abbia strascinato il vecchio doge all’ ordimento di quella congiura, di cui fecesi capo. Un avvenimento, straniero affatto dall’ origine del suo mal umore concepito contro i nobili, sorse ad esaltarne ferocemente lo spirito, il giorno dopo che la soverchia benignità dei giudici aveva trattato cosi dolcemente lo Steno e gli altri insultatori del doge nella maestà medesima del suo seggio. Piacemi raccontare il fatto colle parole della cronaca attribuita a Daniele Barbaro (i), perciocché le circostanze minulissimamente ni essa notate valgono assai bene a far conoscere un tanto avvenimento nella sua schietta e semplice ingenuità, la quale finora, o in una parte o in un’altra, fu dagli scrittori o travisata o ignorata. Parla infatti di tal maniera quel diligentissimo cronista: « Andò un » Marco Barbaro all’ arsenale domandando alcune cose a' patro-» ni che ad eglino paresse non si potessero conciedere, ma per (■) Mjj. inedito della bibliot. Marciana, cod. DCCLXXX della dai. VII ital.