390 LIBRO XV, CAPO XXI. privilegio di portarne; — VII, che se il doge mancasse nell’osservanza del suo Capitolare, gli Avogadori avrebbero la facoltà di co-stringervelo ; non per altro Io potrebbero condannare a veruna pena, tranne che pecuniaria: ma ricadendovi, lo denunziassero al maggior Consiglio. Gli elettori ducali fecero alla loro volta 1’ uffizio, che loro apparteneva; elessero doge Marco Cqjnaro, ottuagenario, la cui vita perciò fu di assai corta durata. La sua elezione fu addì 21 (non addì 25) luglio. CAPO XXI. Progetti per una crociata contro i turchi. Nel medesimo tempo, che i veneziani si affaticavano per domare la contumacia dei sudditi di Candia, 1* impero di Oriente non era meno in angustie per la possanza dei turchi, i quali, penetrati in Europa, menando orrende stragi nei popoli e spaventevole desolazione n^le provincie, minacciavano mali gravissimi a tutta la cristianità. Era allora imperatore di Oriente Giovanni VI Palcologo, perseguitato da suo figlio Andromaco. Approfittando di queste intestine discordie, il sultano Murad, od Amurad, Gazi, dopo la conquista della Macedonia e dell’ Epiro, erasi inoltrato ad espugnare la città di Adrianopoli, ed aveva piantato il primo germoglio della mussulmana signoria nell’ Europa. L’ imperatore Giovanni ripetutamente invocò, per impedirne i progressi, l’assistenza dei principi cristiani, vedendo minacciata la sua capitale medesima. Né certamente dovevano essi guardare con occhio di indifferenza quella crescente sovranità usurpare il suolo cristiano e contaminarlo colle crudeltà e colle abbominazioni dell’ immonda lor setta. Alle istanze di lui si mossero i veneziani, e con essi il principe di Savoja, stimolato dal conte di Vertu, figliuolo di Galeazzo Visconti signore di Milano. Chiedeva il Paleologo, che i veneziani