114 unno xiii, capo xiv. » d’oro e di pietre preziose ornala, per coronarsi re di Lombardia » ed anche di Toscana, che intendeva poscia di andare nel regno » di Puglia e torlo per forza d’ arme al re Ruberto, che aveva in * animo di fare mille altre cose grandi e maravigliose ; ed ora si » trovava a tale estremità ridotto, che, vilipeso e scornato da poche » truppe alle porte dell’¡stessa sua capitale, non ebbe nè men • coraggio di farsi loro vedere, che inoltre convenne impegnare » la sua corona e tulli i suoi gioielli per aver denari, onde sosten-» tare la guerra. » Le truppe intanto, che s’erano disperse per la campagna, devastando ogni cosa sino a Monleforte, continuarono le loro devastazioni in tutti quasi i luoghi del veronese e del vicentino; alcuni assoggettandone colle armi, altri spontaneamente assoggettatisi : cosicché, in sul declinare del mese di giugno, Mastino aveva di già perduto e Cereta e Montebello e Costozza e Longarc e Pogiana e Monlecchio, ed appena era rimasto padrone di Verona, di Vicenza, di Rassano, di Trevigi, di Parma, di Lucca e di qualche altro castello; i quali luoghi, discosti alquanto Ira loro e circondali per ogni parie da possedimenti nemici, gli riuscivano più di danno che di vantaggio. E per colmo di soiagura, le interne discordie di Verona tenevano inquieti gli animi, e toglievano a Mastino ogni via di sostenersi più a lungo nella sovranilà. Alle quali iuterne discordie aveva dato egli stesso motivo dacché s’ era imbrattato le mani nel sangue di Bartolomeo della Scala, consanguineo suo e vescovo di Verona. Era questo Rartolomeo figlio naturale di Giuseppe, figlio aneh’esso illegittimo di Alberto I della Scala, ed era succeduto nel vescovalo di Verona a Nicolò da Milano, 1’ anno 1356. Mastino trattava con lui famigliarmele, sicché pareva che vi passasse una scambievole e sincera amicizia. Ma, o fosse che gl’ invidiosi ne concepissero sdegno, o che gli adulatori di Mastino vi seminassero sospetti, o che il fatto fosse pur vero, non andò guari eh’ egli si desse a credere, che il vescovo avesse occulte corrispondenze coi veneziani e coi fiorentini per ammazzarlo e per consegnar loro la città di