326 LIBRO XV, CAPO VII. incontro, e, toltolo in mezzo destramente, lo sconfisse di qua del Mesco, a san Martino di Colle, sicché a grande stento si potè salvar colla fuga. Frncesco da Carrara, signore di Padova, tosto che vide partiti gli ungheresi dall’ assedio di Treviso, ritirò aneli’ egli le guardie, che aveva collocalo ai passi del Brenta, e con solenni feste celebrò la liberazione dei suoi popoli da tanti pericoli, che avevanli minacciati. Ma i veneziani, che aspettavano il momento di vendicarsi della sua slealtà, richiamarono da Padova il podestà Marino Morosini (1), esiliarono tutti i padovani dalle terre della repubblica, e vietarono che fosse somministrato il sale ai sudditi del Carrarese, solita punizione con che solevano frenare l’inopportuna baldanza de’ lor molesti vicini. Mandarono altresì Marco Giuslinian con alquante truppe sul territorio padovano, le quali vi diedero il guasto, siccome a paese nemico : lutto l’inverno fu impiegato nel far provare a quell’ infedele alleato i rigori della militare vendetta. D’altronde, il dispiacere provalo per la perdila di Serra valle e di Asolo, impegnò il governo della repubblica ad intraprendere un processo contro i due podestà, che vi comandavano, Nicolò Micheli e Giovanni Foscarini. Perciò furono carcerali; ed essendo stali convinti di avere vilmente ceduto quelle due piazze, furono multati di dugento ducali ed esclusi per tre anni da qualunque magistratura o consesso. Saggia politica di punire persino la debolezza del coraggio in chi nella strettezza delle circostanze doveva invece contrapporre magnanima intrepidezza a salvamento della libertà e della patria. Nel mentre che ciò facevano i veneziani, il re Lodovico non cessava dal molestarli colle sue truppe e sul territorio trivigiano e nella Dalmazia. Egli, ritornato in Ungheria, elesse a capitani (i) Non già, come disse il Laugier, il dassero, per esserne governate, dei podestà console dei veneziani « che risiedeva in veneziani, 1* ho notato più volte-n Padova. ì? Che le città dell'Italia doman-