ANNO 1203. 117 CAPO XXII. Assalto di Costantinopoli. Si pensò quindi all’ assalto : sul che i francesi e i veneziani non s’ accordavano, perchè ognuno di essi preferiva quel genere di battaglia, a cui era meglio addestrato. I veneziani, nè a torto, sostenevano, essere più facile il battere Costantinopoli dalla parte del mare, ed esserne protetto il conflitto da ogni lato ; perciò avrebbero voluto, che tutto T esercito si fosse unito sulle loro navi. Ma i francesi, per lo contrario, non avvezzi a combattere sul dorso delle acque, volevano fermo terreno e spazio da poter far uso dei loro cavalli e delle armi. Prudentemente perciò fu conchiuso, che le due nazioni si appigliassero a quella foggia di combattimento, che a ciascuna meglio convenisse. L’ armata adunque di terra, protetta dalla flotta, si condusse sino all’ estremità del porto, ed accampossi di rimpetto a Costantinopoli, sulla base del triangolo, che occupa quattro miglia dal Ponto alla Propontide. Situali in riva ad una fossa larga e profonda, a piè di un altissimo baluardo, poterono a tutto loro agio calcolare la difficoltà dell’ impresa. Dalle porte della città uscivano continuamente, a destra e a sinistra del loro piccolo campo, drappelli di cavalleria, che li molestavano or coll’ ucciderne i più discosti, ora col devastare la campagna perchè venissero a mancar loro le vettovaglie. E non ne avevano, che per altre tre settimane soltanto. L’ offesa della città s’ era incominciata, e gli assediati stavano sempre sulla difesa. Scagliavansi a vicenda enormi massi di pietre, ed era più il danno che ne ricevevano i bisantini. Narrano gli stessi storici greci, che i superbi palazzi di Costantinopoli furono guasti e ruinati per i sassi di straordinaria grossezza, che vi scagliavano colle loro macchine i latini, ed eglino intanto venivano spaventati da quelli che i greci rotolavano su di loro dall’ alto delle mura.