32 LIBRO V, CAPO VI. venuta incognita, sicché 1’ una concorre ad attestare l’altra; perché se Alessandro III fosse venuto a Venezia pubblicamente e dietro intelligenza diplomatica, per trattare di pace coll’imperatore in questa città, non avrebbe avuto luogo né la pretesa del Barbarossa intimata ai veneziani, che gli fosse restituito il profugo pontefice; né in conseguenza del rifiuto dei veneziani avrebbe avuto luogo la guerra in mare, che diede 1’ ultimo crollo alla potenza dell’orgoglioso imperatore. Ma la battaglia navale e la vittoria a Salbore sono comprovale luminosamente da irrefragabili testimonianze; dunque é verissima anche la fuga del pontefice a Venezia e lo sconosciuto suo arrivo. Ed ecco i documenti, a cui è appoggiata la verità di quegli avvenimenti guerrieri. E primieramente Io storico ravennate Obone, che viveva in quel medesimo tempo, racconta, nel capo Vili della sua storia, tutto il progresso di quella battaglia navale, e ricorda la prigionia di Ottone terzogenito del Barbarossa, e tutte quelle altre circostanze, che io, nel descrivere questo avvenimento, narrai. Incontrastabile testimonio di questa vittoria della flotta veneziana sopra le forze marittime del Barbarossa è, in secondo luogo, la famosa iscrizione che sta sulla chiesa di san Giovanni di Salvore o Salbore, dove appunto avvenne il navale combattimento e dove le settancinque galee imperiali rimasero sconfitte dai trenta soli navigli dei veneziani. É Salvore un piccolo promontorio dell’ Istria presso il golfo di Trieste, chiamato volgarmente dagli abitatori del luogo, a cagione della sconfitta dell’ armata imperiale, la Tagiada. Esso é quasi dirimpetto alle acque di Caorle; sino al qual punto arrivarono, al dire delle più antiche cronache nostre, le galee di Federigo. Sulla chiesa di quel luogo, intitolata a san Giovanni, esisteva l’iscrizione, che qui soggiungo; e non si saprebbe dire da qual tempo immemorabile vi concorrano i popoli circonvicini alla annuale indulgenza plenaria, di cui parla I’ iscrizione medesima.