288 LIBRO Vili, CAPO III. » dai miei nemici richiesti, farmi guerra. » AI che risposero gli ambasciatori : * Sire, i veneziani mantengono fede a chiunque l’ab-» biano essi promessa, e per questa sogliono patire sino all’ estre-» mo : lo che loro torna ad onore. E se ciò non fosse così, voi, che » giustissimo siete e prudentissimo, non li avreste lodati, ma biasi-» mati e disonorati li avreste. » L’imperatore soggiunse : « Voglio » credervi, miei amici, ma vi esorto a non fare la guerra per co- * modo altrui, come se aveste a farla pel voslro proprio. » Licenziolli dopo questo colloquio ; ma con qual animo, si può ben supporlo. Eglino ritornarono a Venezia. Il progresso dei fatti mostrerà quanto poi fossero i veneziani propensi a non prendere le armi per combattere a favore di altrui. CAPO 111. Ribellione di Candia. In frattanto le dovettero prendere per la causa lor propria ; perchè l’inquietudine dei candioti aveva suscitato nuovi tumulti in quell’ isola. Era 1’ anno 1247, secondo i più diligenti cronisti ; benché taluno ne anticipi il fatto nel 1240. Né fu di lieve momento la ribellione di questa volta, siccome lo erano state le precedenti : questa fu gravissima ed accanita, qual convenivasi a un popolo conscio di servire ad un padrone che lo avea comperato (1), c da cui volevasi emancipare. Era già qualche anno, che il greco principe di Romania, Michele Paleologo, congiunto per affinità colla casa imperiale di Alessio Angelo (2), stimolava i candioti a scuotere il giogo della (i) I veneziani avevano comperato l’iso- (2) Perciocché l'avo ili lui aveva sposato la di Candia a prezzo d'oro dal marche- una figliuola dell1 imperatore Alessio Anse di Monferrato, come alla sua voi la nar- gelo, rai. \ ed. lapag. 147 di questo voi.