242 LIBRO TU, Cil‘0 IX. Erano sottoposti i dogi, egualmente che tutti gli altri componenti le magistrature, all’ obbligo di custodire il più rigoroso secreto degli affari, su cui versavano i varii consessi della repubblica; ned era lecito loro l’aprire le lettere dei romani pontefici o di altri principi, o signori, o prelati non sudditi, quand’anche fossero queste dirette a loro personalmente. Fu altresì vietato ai dogi di spedire ambasciatori o lettere a corti straniere, se prima non lo avesse approvalo la pluralità dei voti di quel consiglio, a cui la materia rispettivamente appartenesse. Nè potevano ricevere od ascoltare ambasciatori o nunzj apostolici od altri rappresentanti delle corti estere : molto meno potevano ad essi rispondere senza il consenso del consiglio minore. Bensì, come capo, che rappresentava lo stato, era 1 ¡serbala al doge l’onorificenza di partecipare ad essi vocalmente le deliberazioni dei respeltivi consessi. I)i tutte queste correzioni, ossia leggi dei correttori ducali, trovasi decretata la conferma nell’anno 1266: sicché ben si vede, quanto a rapidi passi il governo democratico della repubblica di Venezia in questa età corresse incontro alla più rigida aristocrazia, finché poi del lutto vi si fissò. Nè solamente la persona del doge fu assoggettala a tulle le leggi, che potevano impedirgli qualunque ingrandimento od abuso di potestà ; ma prevedendo, che il suo parentado avrebbe potuto abusare della sua splendida attinenza al capo della repubblica, i correi-lori della promissione ducale imposero molli freni agli arbitrii, di cui prevedevano la possibilità. E per dirne uno, decretarono, che nessuno della famiglia ducale, vivente il doge, potesse conseguire qual si fosse pubblico uffizio o benefizio ; non ecclesiastico, non secolare ; non perpetuo, non temporaneo: non in Venezia, non fuori; e persino, se al doge fosse riuscito di far provvedere di un qualche beneficio ecclesiastico un suo congiunto, era proibito che al novello beneficiato se ne concedesse il possesso temporale. Ma nel mentre, che da un lato si stringeva cotanto la ducale autorità, se ne dilatava dell’ altro l’esteriore apparenza, perchè in