\njio 1274. 427 di contrastare colle armi : si contentarono di dirigere le loro querele al pontefice. Ciò avveniva sino dall’ anno 1272, quando sulla cattedra di san Pietro sedeva Gregorio X. A lui pertanto inviarono ambasciatori, supplicandolo, perchè facesse desistere i veneziani da quella violenza, e gli esposero le ragioni del non dovervi nè volervi sottostare. Il papa rispose, non parergli, che quello fosse tempo opportuno a suscitare in Italia novelle guerre e discordie ; stargli piuttosto a cuore di mandare presti e forti soccorsi ai travagliati cristiani della Terra santa ; e quanto ai veneziani, s’incaricherebbe egli stesso d’indurli a restituire le robe tolte loro, ed a rivocare il decreto di quell’ aggravio. E veramente egli scrisse al doge una lettera : ma senza verun effetto. I veneziani stettero fermi nella loro risoluzione, e la gabella continuò (1). In frattanto era avvenuta la guerra e successivamente la pace coi bolognesi ; cd in quell’ anno medesimo non d’altro si occupavano l’Europa e 1’ Asia se non che del concilio, che stavasi per radunare in Lione. Vi mandarono i veneziani per la parte loro tre ambasciatori, Paolo da Molino, Giovanni Cornaro e Pancrazio Mali-piero ; e questi erano altresì incaricati di trattare all’ uopo la controversia, interrotta soltanto, ma non già terminata, cogli anconitani. E gli anconitani similmente avevano inviato dal canto loro a Lione i proprii oratori, acciocché dinanzi al concilio si lagnassero pubblicamente della condotta dei veneziani, difendessero le proprie ragioni, e reclamassero le loro indennità. Ma il concilio, che di affari ben più rilevanti e gravi occupavasi, e il papa similmente, a cui stavano a cuore in ¡specialità le cose dell’ Oriente, presero pochissimo interessamento alle controversie delle due città. Tutia-volla, per non rigettare affatto le istanze degli anconitani, affidarono 1’ esame e la decisione della controversia all’ abate di Narvesa, il quale, appartenendo al territorio trivigiano, fuori della giurisdizione di qualsiasi vescovo, nè soggetto d’ altronde al dominio delle due I (ì) Ve fi. il Sanudo nei dogi, e il Peruzzi nella stor. di Ancona, lib X.