322 LIBRO Vili, CAPO X. se ne sdegnarono contro i genovesi, perchè ve lo avevano scacciato. Filippo Gallo, capitano dei genovesi, non si era dato verun pensiero a frenare la troppo calda vivacità dei suoi ; laddove i veneziani avrebbero amato invece di terminare quietamente le differenze. Si convenne alla fine di lasciarne la decisione al papa Alessandro IV. Ma quando i genovesi poterono aver sentore sul giudizio, che ne avrebbe pronunziato il papa, prima che i veneziani ne venissero in cognizione, andarono a mano armata ad impadronirsi del monastero e della chiesa contrastala, c vi si fortificarono come in una rocca. I veneziani ricorsero al prefetto della città, eh’ era il francese Filippo Monforte ; ma, essendone stati licenziati con maniere aspre e insultanti, mandarono le loro lagnanze a Venezia, acciocché la repubblica pensasse a pretenderne soddisfazione. 11 governo veneziano conchiuse allora una lega offensiva e difensiva con Manfredo re di Sicilia, e si fecero tosto i preparativi per vendicare 1’ insulto colle armi. Anche il duca di Antiochia e il patriarca di Gerusalemme si mossero alla notizia di silialto contrasto, e ne mandarono protesta al prefetto Filippo, dichiarandogli, « che se non ponesse argine ai » dissidii tra le due repubbliche, egli sarebbe tenuto responsabile » dei mali, che ne potessero derivare ai cristiani della Siria (1). » Ma di queste intimazioni non si curò punto il Monforte ; anzi mo-slrossi sempre più favorevole ai genovesi. 1 veneziani conobbero allora non restare ad essi altra via di averne soddisfazione, fuorché eolie armi. Fecero venire da Tiro tredici galee, che ne formavano la squadra, e con queste rintorza-rono il loro presidio. N’ era comandante Lorenzo Tiepolo, figlio del già doge Jacopo. I nostri ruppero la catena del porlo di Tole-maide ; vi sorpresero due galee da guerra e ventidue navi mercantili dei genovesi, e le incendiarono. Poi, penetrati i combattenti (i) Ved. il Diedo, Stor. ven.t lifo. VI.