ANNO 1201. 95 dei custodi c fuggire. Erasi ricoverato in Occidente, presso al sunnominato Filippo di Svevia, marito di sua sorella Irene : ed eravi stato accolto con benevolenza e protezione. La quale protezione dipoi non potè riescirgli giovevole, perchè Filippo aveva abbastanza da pensare per sé a difendersi dalle armi di Ottone e dalle mi-naccie della corte romana. Alessio erasi anche gettato ai piedi del papa, e ne aveva implorato il soccorso : ma indarno. Perchè Innocenzo III, non saprei dire, se per essere Alessio il cognato di Filippo, nemico della santa sede, ovvero per non volere pensare ad altro che alla conquista della Terra santa, non porse orecchio alle lagnanze del profugo principe: e fors’ anche voleva astenersi dall’accendere una guerra contro la corte greca. Checché ne fosse, Alessio, vedendo riusciti vani tutti i suoi tentativi, si appigliò al consiglio d’implorare 1’ assistenza dei crociati e della repubblica di Venezia. Spedì pertanto i suoi ambasciatori al doge e ai crociali quivi raccolti; e il loro arrivo destò in tutti una vivissima commozione. I baroni francesi e il veneziano senato, all’udire le sveuture di Isacco, provarono in cuore una generosa pietà, né parve loro di avere protetto giammai una causa più giusta. La difesa dell’ innocenza, 1’ assistenza agli afflitti, la vendetta di un’ ingiustissima usurpazione stimolavano 1’ animo del Dandolo e de’ suoi leali repubblicani alla compassione verso un imperatore fuggitivo. Nè avevano dimenticato i veneziani, che il greco usurpatore avea preferito alla loro l’alleanza coi pisani e coi genovesi : e ciò tanto più li rendeva favorevoli al giovine Alessio, e faceva comparire loro propria la causa stessa di lui. La giustizia pertanto della causa, che aveano assunto a patrocinare, esigeva, che le navi venete dovessero inoltrarsi nei porli della Grecia, portandovi trionfalmente il perseguitalo monarca, e penetrar vittoriose nell’ imperiale Bisanzio. Quell’impresa dunque riserbavasi per la sua volta, e ben presto.