Ól)lt LIBRO Vili, CAPO XV. un grosso numero di galee, sotto il comando di Marco Micheli, le quali dovessero rinforzare la squadra marittima del Levante, e molestare, se T occasione si fosse loro presentata favorevole, Y imperiale citlà. Nè il tentativo riuscì vano: perché, accresciuta in questo modo I’ armala di soldati e di navi, i veneziani ridussero a tali angustie il Paleologo e per terra e per mare, ch’egli stesso tennesi per perduto, ed era già in procinto di abbandonare la capitale. Ma l’odio, che i genovesi portavano ai veneziani per le rivalità di commercio e per la infelice riuscita delle battaglie loro al paragone dei nostri, fu per lui una sorgente di speranza e di conforto. Invocò l’assistenza di loro e l’ottenne: anzi da qualche antico cronista ci è fallo credere, ch’eglino stessi gli si esibissero: la Hotla genovese, che slava nella Soria, si diresse perciò verso Co-tantinopoli, ed equilibrò le forze dell’una parte e dell’altra; sicché i veneziani si ristellero dal dare molestia alle terre dei greci, per non voler venire ad una lolla coi genovesi, che se ne stavano d’altronde sulla difesa. CAPO XV. Pace in Canditi con Alessio Caleryi: lealtà di lui verso la repubblica di Venezia. Rinvigorito per altro l’imperatore Michele dalle forze di una potenza che vantavasi d'esser emula nel marittimo valore dei veneziani ; tentò colle arti insidiose, piucchè col cimento delle armi, di prevalere sopra la formidabile possanza di questi. Per allontanare i pericoli dalla sua capitale, diessi a sollecitare i popoli del regno di Candia a scuotere il giogo della repubblica di Venezia, ed a ritornare sotlo il dominio degli antichi loro sovrani di greco sangue. In altro tempo, avrebbe fors’anche potuto ottenere per questa via il suo intento; (piando, cioè, i candioli. sotto la condotta di