216 LIBRO VII, CAPO V. » esser molto stimata da lutti, doveri» dai veneliani, che solo vi-» veno di questi traffeglii, esser più che da tulli gli altri stimata » supremamente; delle poi alcune tacile intention, che quando se » andasse ad abitar in Costantinopoli, et se facesse in quella cil-» là la sedia principal di questo dominio, era facil cosa da sperar, • che i tesori veneliani sovegnendo quei poveri imperatori, ora • d’una ora de un’altra quantilà de denari, in breve tempo si insi-» gnorissero di quell’ imperio. Alfin venuto a parlar della cittì» di » Venetia dannò il sito come nuovo et come basso et per questo » sottoposto ai pericoli delle inondation et dei terremoti, come a » ponto avevano sentilo il dì de Nadal passalo, che fu sì gran ter-» remoto, che sbiggotli lulta la città, minandola et diformandola in » molle parte, e particolarmente buttando per terra gran parte del • monaslerio di san Zorzi, soggiongendo anche, che sapevano, che » ogni tratto crescevano tanto le acque che mettevano paura, che » la terra non se affondasse; recordando, come poco tempo avanti » doi de quelle isole, che si chiamavono le Contrade, ditte 1’ una » Amian, l’altra Costantiaco, andarono del tutto sotto acqua, et cosi • medesimamente ha fallo anche la città di Malamocco, come a » tulli era nolo, et che non se aveva certezza, che questo istesso » non potesse anche inlravenir a Venelia, anzi vedendosi et senlen-» dosi quasi ogni ogni anno li oltrascrilli accidenti, era ragionevol- • mente da temer, che il medesimo, che Dio guardi accadesse anche » qua; mostrò poi i grandissimi secchi et quelli l’importabi! felor, » che se senliva nei canali della città, et non solo nella città, ma per » tutte queste lagune, all’ ora, che nel senio et pien della luna nel » reflusso calano grandemente le acque, il qual fetor non era pos-» sibile che non rendesse l’aere infletto et morboso, onde poi non » fussero una qualche volta, et Dio volesse, che non fosse, più pre-» sto de quello che se sperava, inabitabili queste palude; disse, che » della sterilità del paese, non accadeva parlarne, perchè lutti mol-» lo ben sapevano, che lutto quello, che se magnava et che se be-» veva et in lutti i usi della vita se consumava, lutto era stato portalo