ANNO 1177. 15 nieri, ne furono il fruito. Sebastiano Ziani rientrò trionfante in Venezia. Del glorioso avvenimento conservò la memoria una celebratissima iscrizione posta a san Giovanni di Salvorc, della quale a suo tempo dovrò parlare. 11 più solenne atto della veneziana magnanimità verso l’imperatore Federigo Barbarossa fu il rimandargli sciolto e con onore il suo figliuolo Ottone. Un poco per questa generosa azione, un poco perchè il disastro della totale sconfitta 1’ aveva reso alquanto più pieghevole a proposizioni pacifiche, acconsenti Federigo, che si entrasse in trattative di riconciliazione e di pace. Ottone stesso se n’ era incaricato. A rendere più gioconda e più lieta la pompa della conseguita vittoria, il papa, con tutto il clero e col senato, si portò a san Nicolò del Lido ad incontrare il doge vincitore. Lo abbracciò affettuosamente, e per fargli conoscere tutta 1’ espressione della sua ri-conoscenza, presentogli un anello d’oro, accompagnandone il dono da queste parole : « Ricevetelo come pegno della sovranità, che » voi e i successori vostri avrete perpetuamente sul mare : questo » sia come una catena, che ve lo tenga soggetto : con questo spo-» satelo, e in avvenire ne sia rinnovato ogni anno, nel giorno an-» niversario della gloriosa vostra vittoria, lo sposalizio; acciocché » tutta la posterità sappia, che le armi veneziane se ne sono acqui-» stato il dominio, e che il mare vi è stato assoggettato come la » sposa al marito. » Di qua prese origine la ceremonia, che fu aggiunta all’antica dello sposalizio del mare, di cui s’ è parlato altrove (1), di gettare cioè nel mare un anello d’oro, aggiungendovi il detto : Ti sposiamo, o mare, in segno del nostro vero e perpetuo dominio (2). Quando ho parlato dell’origine della festa, che si celebrava il dì dell’ Ascensione e della famosa gita al mare, ho promesso di esporre le principali particolarità di questo rito; sebbene alcuni cenni ne avessi fatto anche prima, allorché ho parlato (i) Nella pag. 3io e seg. del voi. I. (a) Despondemus te, Mare, in signurn veri et perpetui nostri imperii.