106 MURO V, CAPO XVIII. belisi argomento da ciò, per impiegare ogni sforzo a muovere gli animi ed a trarre nel loro partito il grosso dell’ esercito : ma non vi riuscirono. Eglino stessi perciò risolsero di allontanarsi dagli altri, quasi riputandoli scomunicati, e di trasferirsi, alcuni per altra via nella Palestina, alcuni di ritornare alle proprie case. Alla testa di quelli, che si appigliarono a cotcsla risoluzione, erano il conte di Monfort, 1’ abate di Cernai e 1’ abate Martino di Litz. Nel separarsi, s’improperavano a vicenda di spergiuri e di traditori di Cristo. Cinquecento di quelli che partirono, soffersero naufragio e s’ affogarono in mare : gli altri rimasti al campo e disposti all’ impresa, che aveva cagionato quello scisma, deploravano la tragica sorte dei loro fratelli, e ripelevansi a vicenda : « La misericordia » di Dio è rimasta con noi : sia male a coloro, che s’ allontanano • dalle vie del Signore (1). » Nè qui sarà certamente fuor di proposito il dare un’ idea dello stalo, in cui Irovavasi a questo tempo l’impero greco, che i crociati stavano per conquistare, e delle deformità che bruttavano la corte imperiale di Costantinopoli, cui volevano essi umiliare. Né in’ incresce il darla colle parole stesse dello storico delle Crociale (2). « — L’imperatore Alessio, del pari che quasi tutti i suoi predecessori, era un principe privo di virtù, né punto avea carattere d’ animo. Allorquando egli tolse il soglio ai fratello, lasciò che il delitto venisse commesso da’ suoi cortigiani ; quando poi vi fu asceso, loro abbandonò del tutto la cura degli affari e la propria autorità. Onde far che 1’ usurpazione sua gli venisse perdonata, dissipò lutti i tesori dello stato ; quindi a riparare il danno dell’ erario, rendette venale la giustizia, rovinò i sudditi, e fece saccheggiar le navi mercantili, che da Ramisa andavano a Costantinopoli. Quel-I’ usurpatore avea sparso con tanta profusione le dignità, che alcuno più non v’ era, il quale se ne credesse onorato ; ond’ è, che più non rimanevagli ricompensa capace a rimunerare il vero merito. (i) Yillehariloui», lib. 11, §. ¿¡7. (2) Michaud, cap. X.