112 UBUO V, CAPO XX. nel santuario dell’ impero, egli faceva lor noto, che il loro numero, fosse anche stato dieci volte maggiore, non avrebbe potuto sottrarli dal giusto sdegno dell’ imperatore. — Alle quali sfarzose dichiarazioni, semplice e, nobile risposta opposero il doge Dandolo e i francesi baroni. Parlò per tutti Conone di Bettune, maravigliandosi, come il fratello d’Isacco osasse parlare da padrone, anziché giustificare un parricidio, che aveva sollevato contro di lui lutti i popoli cristiani. « L’ obbligo che ci siamo assunti, continuò, é il difen-« dere la causa della giustizia e dell’ onore ; noi disprezziamo 1’ u- • surpatore della Grecia, le sue offerte, le sue minaccie. Noi dob-« biamo amicizia, egli obbedienza all’ erede legittimo di Bisanzio, « al giovine principe, che oggi vedete tra noi, e al padre di que-« sto, l’imperatore Isacco, a cui un ingrato fratello tolse trono, li-« berta e persino la luce degli occhi. Colui, che v’ ha mandali, non « ha altra via per sottrarsi alla giustizia divina ed umana, se non « restituisce al fratello e al nipote la corona che loro rapì e implo-« rare la misericordia di queglino stessi, che da lui furono mole-« stali. Quando egli voglia sottomettersi a ciò, noi intercederemo « perché gli sia permesso di vivere nella pace e nell’abbondanza; « ma per 1’ opposto cì sarà d’insulto una seconda ambasceria, che « egli volesse mandarci: a questa il ferro e il fuoco, portati di nostra « mano nelfimperiale palazzo, sarebbero l’unica nostra risposta. » Un linguaggio sì franco era un’ assoluta dichiarazione di guerra, ned eravi sillaba da soggiungere : non rimaneva al greco imperatore veruna speranza di poter sedurre od intimorire i crociati. Stupivano d’ altronde i principi, che il giovane figliuolo d’ Isacco non avesse in Costantinopoli un qualche partito che lo sostenesse, e pensavano che forse i suoi protettori rimanessero oppressi e silenziosi per lo timore della vendetta, che ne potrebbe fare il tiranno, ltisolsero pertanto di voler conoscere le intenzioni del popolo : al quale scopo, mandarono presso alle mura di Costantinopoli una nave, su cui stava il giovine Alessio, tenuto sulle braccia del doge Dandolo e del conte Bonifazio, e intanto un araldo, gridava ad alta