362 MURO Vili, CAPO XVII. C A P 0 XVII. Tregua dei veneziani coll’ imperatore Michele Paleologo. Se la scondita dei genovesi fu atroce e dolorosa per questi, non lo fu meno per l’imperatore greco, il quale aveva perduto un forte appoggio alla vacillante sua causa, e rimaneva perciò esposto senza difesa a qualunque attacco avessero voluto tentare i veneziani sopra la capitale dell’ impero. D’ altronde i veneziani, che pur avrebbero bastato all’ impresa, non azzardarono cimentarvisi, ben conoscendo quanto indecise riescano talvolta le sorti delle armi e che, non avendo altro sussidio di alleali che cooperassero ai loro tentativi, avrebbero potuto perdere in pochi istanti la gloria del trionfo testò riportato. Eglino pertanto si mostrarono propensi ad un qualche accomodamento non meno di quella che lo desiderasse il Paleologo stesso. Entrarono adunque a trattare di tregua i veneziani coi greci : e la conchiusero infatti col rappresentante dell’imperatore i due inviati, che agivano in nome della repubblica, Jacopo Dandolo ed Jacopo Morosini. Questi avevano bensi la facoltà di segnarla, quando fosse stata con pubblico decoro ed utilità ; salvo per altro al governo il diritto di confermarla, o di modificarla o di rispingerla affatto, ove non 1’ avessero conchiusa di suo gradimento. E la rispinse infatti il governo, perchè gli ambasciatori non avevano fatto attenzione di conservare alla repubblica l’indicazione gelosa dei diritti, eh’ essa godeva sulla quarta parte e mezzo dell’impero di Oriente. Fu d’ uopo allora che si mandassero a Costantinopoli nuovi ambasciatori, per trattarne in proposito ; e vi furono mandati Pietro Badoaro e Nicolò Navagioso. Eglino, serbando intatte tutte le delicate convenienze della repubblica, stabilironla per cinque anni. Si conservano tuttora nel codice Trevisano, già più volle da me