anno 952. 255 causa nazionale. Evidentissima prova, clic Venezia sola potè e potrà sempre da sè ciò, che le circostanti provincie non poterono e non potranno mai, senza la comunicazione con essa. Un’avvertenza,prima di andare innanzi, degg’io qui fare circa questo punto di storia, alteralo e travisato dal Laugier e dal Daru. Il primo di essi alla spontanea dedizione degl’istriani diede l’aspetto di una capitolazione, a cui siano stati costretti da una sconfina avuta in guerra, per cui il doge gli abbia sottoposti a tributo: e disse rifiuto degl’ istriani a pagare quel tributo ciò, che fu invece prepotenza del marchese Wintkero. Perciò così egli espose tutta la serie di questo fatto. « Le frequenti piraterie, egli dice, di quelli di Capo * d’Istria, obbligarono il doge a far loro la guerra nelle forme. » Ebbe tali successi, che questa città fu obbligata a domandare » la pace, e non la ottenne che a condizione di essere tributaria » della Repubblica. Poco tempo dopo volle rifiutare il tributo ; » maCandiano con la forza delle armi l’astrinse a pagarlo. » Il solo confronto con ciò che io dissi, sull’ appoggio dei documenti testé citati, basta a convincere d’ignoranza e di menzogna il francese storico, il quale non conobbe i trattati, da cui ci è fatto palese quell’ avvenimento, e quindi a capriccio lo raccontò e precisamente a rovescio. Del Daru poi che dirò ? Egli è copista e compcndiatore del Laugier: e il suo compendiarlo si riduce per lo più a mutilarlo: perciò, sbagliando nella sostanza del fatto, cc lo narrò per metà, e disse, clic il doge, dopo la vittoria sugl’istriani, « a Capo d’Istria » impose il tributo di cento mezzine di vino (I), » e non ci fa sapere di più. Bella maniera di narrare i falli ! Bella fede di storici onorati ! (i) lo porlo il leslo ilei Daru, sulla traduzione italiana stampata a Capolago nel i832. VOL. I. 30