anno 805—807. 115 ili amicizia e di soggezione, senza che i veneziani lo volessero o lo sapessero ; e che ritornato al suo posto vi si adoperasse occultamente d’intelligenza con Fortunato e col vescovo Cristoforo olivolese, rimesso aneli’ egli sulla sua cattedra per maneggio del patriarca. Certo è, che, sopravvenuta nell’ 807 una flotta greca, capitanata dal patrizio Niceta, e giunta nelle nostre acque ; non perchè avesse diritti sulla Venezia, ma per impedire che la si desse ai franchi ; Fortunato fuggì nuovamente da Grado, ed andò a ricoverarsi presso il suo protettore Carlo magno, ‘perche assai temeva dei greci, secondochè osserva la cronaca Sagornina, il cui autore visse un solo secolo dopo siffatti avvenimenti. E Niceta in Malamocco adoperossi per guisa, da riuscire a radunarvi 1’ assemblea generale, e fare, che in essa il profugo Fortunato, non solamente si decretasse bandito, ma caduto altresì dalla sua dignità ; che in luogo di lui un altro patriarca si eleggesse ; e che costui fosse quel diacono Giovanni, il quale poco prima era stato fatto e disfatto vescovo olivolese. Nei quali intrighi è facile il conoscere palesemente da quanto fermento fossero agitate le isole nostre, per lo maneggio de’ greci da una parte e dei franchi dal-1’ altra, e per le discordie delle raminghe famiglie di Eraclea e di Equilio. Altre incumbenze aveva da compiere in Malamocco il greco capitano. D’ ordine dell’ imperatore, conferì ad Obelerio, per guadagnarne 1’ animo, il titolo di spatario ; titolo di onore, per cui coloro, che n’ erano decorati, indossavano una veste pomposa, detta scaramangium, cingevano la spada al fianco e tenevano in mano uno scettro (1). Poscia chiamò a sè il doge Meato, il tribuno Felice e il vescovo olivolese Cristoforo, ed imbarcatili seco, si pose alla vela e li condusse a Costantinopoli. Beato presentò all’ imperatore, che lo creò ipato, e poscia rimandollo onorevolmente a Venezia ; Felice (i) Ved. il Caeremon. Aulae Bizant., lib. I, cap. L1X ; e ved. il Filiasi, Ioni. V, pag. 3i8.