anno 998. 317 La notte, che precedè la partenza sua da Venezia, visitò il corpo di san Marco, e poscia si congedò con affettuose lagrime dall’amato suo amico; e, dopo una dimora di (re giorni, risalito sulla slessa barca, con cui vi era venuto; accompagnato dai due suoi compagni e dal diacono Giovanni, si restituì alla Pomposa e quindi a Ravenna. Nessuno colà voleva credergli, che nel breve tratto della sua assenza si fosse trasferito a Venezia; e molto meno poi, che nessuno in Rialto si fosse accorto della sua dimora. Eppure anche in Rialto la s’ era ignorala da tutti. Appena fatto giorno, dopo la partenza dell’imperatore, se ne partì anche il conte Eccelino co’ suoi compagni, avendo sempre mantenuto il carattere di ambasciatori imperiali. E per altri tre giorni custodì I’ Orseolo il secreto, in capo ai quali fece radunare l’assemblea generale della nazione, e narrò pubblicamente 1’ avvenuto. Fu grande in verità la sorpresa di ognuno, nè si sapea decidere, dice il Sagomino, se fosse stala maggiore la prudenza del doge o la fiducia dell’ imperatore ; ma ne fu somma poi la consolazione per la generosità di quel monarca nel concedere ai veneziani tante vantaggiose esenzioni. Col ritorno del diacono Giovanni dall’averlo accompagnalo a Ravenna, Ottone mandò all’ Orseolo un ornamento imperiale (li esimio lavoro : e un altro gli e ne aveva mandalo da Pavia alquanto prima ; ed ambidue erano d’ oro. Ma il Sagomino, che ce ne conservò la notizia, nulla poi ci dice della forma di essi, nè dell’uso a cui servissero; non si sa, se fossero diademi, oppure vestimenta alla foggia degl’ imperatori. E qui piacemi aggiungere una parola sul Sagomino. Opinarono giudiziosamente lo Zanetti (1) e il Filiasi (2), che quel diacono Giovanni, di cui si valse in tante occasioni il doge Pietro Orseolo 11 per trattare coi principi esteri, sia appunto lo stesso Sagomino, benché in calce alla sua cronaca egli intitoli sé medesimo fabbro- (tl Nella prefai alla cron. del Sagorn. (a) Tom. TI, cap. XXII, pag. 281,