anno 1004. 325 saraceni ; e mandandone a pico, e facendone loro preda, c disperdendone, e da per tulio menando orrendo macello, si assicuravano gloriosissima la vittoria. E 1’ ebbero nel terzo dì, senza più veruna opposizione : perché i mussulmani, spaventati dall’ eccidio sanguinoso delle loro truppe, e indeboliti senza speranza di veruna risorsa, in sul più buio della notte se ne fuggirono, lasciando libera la città, sì dalla parte del mare come da quella di terra. Ma perché la vittoria dei nostri fosse più perfetta e più splendida, tennero fermi tuttavia, per qualche dì ancora, alcuni dei luoghi più lontani e più forti, sul territorio medesimo della Puglia : ed anche di là i veneziani gli scacciarono ben presto e li costrinsero a darsi precipitosamente alla fuga. Tutta questa narrazione del Sagomino assai bene si accorda con quanto, benché ristrettamente, narrò il cronista Lupo proto-spata; e persino combina nella precisione del giorno della vittoria, che fu il 18 di ottobre; cui egli notò coll’ indicazione del giorno di san Luca, nel mese di ottobre. Parlano di questa impresa del doge di Venezia anche gli storici greci, e particolarmente Cedreno (1): il Laugier ed il Darù vi passarono sopra senza farne il più lieve cenno, come se fosse cosa di poca importanza. Aggiungerò, sulla fede del Sagomino, che i superstiziosi saraceni, rimasti prigionieri presso i nostri, tenevano per fermo, essere stata presagita la loro sconfitta da lucente bolide, cui nel dì 15 agosto avevano veduto sorgere dalla parte di occidente e cadere nel porlo di Bari. CAPO VI. Matrimonio del doge Giovanni Orseolo colla principessa Maria. Non tardò il doge Pielro Orseolo a far nolo, per mezzo dei suoi ambasciatori, alla corte imperiale di Costantinopoli il glorioso Irion-fo, che le aveva assicuralo il possesso della liberata città. Ne furono (i) Pag. »2/,.