538 Mimo ili, capo xi. CAPO XI. Congiura contro gli Osreoli : violenze del patriarca di Aquileia sopra la città e la chiesa di Grado. Ma laute glorie e di lui e della sua famiglia non furono ricambiate dai veneziani con quella gratitudine, che avrebbero dovuto esserlo. 1 nobili n’ebbero invidia e procurarono di disfarsene. Cercarono perciò, col mezzo dei loro amici e aderenti, di sedurre gran parte del popolo e d’infondergli il sospetto, che il doge Ottone, sostenuto dalle sue potenti parentele, tendesse ad usurparsi una assoluta sovranità; e tanto furono efficaci le loro istigazioni, che la volubile plebe si persuase a volerlo deposto e scacciato dalle lagune, c con lui anche il fratello Orso, eh’ era patriarca di Grado. Fuggirono ambidue di là del mare e cercaronsi asilo nell’Istria. ¡Nel mentre che siffatti torbidi inquietavano i veneziani, scendeva di qua dalle Alpi il tedesco imperatore Arrigo I, alla lesta di grosse armate, composte di svevi, di sassoni, di bavari, di tedeschi. Seco lui veniva, capitano di un corpo di quindici mila uomini, l’aquilejese patriarca Pepo o Pepone, dello anche Popone, uomo d’illustre schiatta tedesca, ricco e assai amato dall’imperatore ; ma orgoglioso, pieno di vaste idee, atto a condurre soldati, piullostochò a governare una chiesa. Favoriva queste sue secolaresche inclinazioni l’ingrandimento del suo patriarcato, a cui gl’ imperatori di Occidente e i duchi e principi dell’Austria, della Stiria, della Carin-tia avevano cooperato colle larghissime donazioni ; e sì che i patriarchi avevano acquistato quasi una sovranità su tutto il Friuli e su molta parte dei paesi circonvicini. Reduce alla sua sede metropolitana, questo prelato guerriero, dopo la conquista del ducato di Benevento, e trovando i veneziani agitali da politiche disunioni, e allontanato dalla propria sede il patriarca di Grado, giudicò opportuno il momento per far rivivere a suo vantaggio le antiche querele,