548 LIB. Ili, CAP. XIV. patria, passò dall’esilio al Irono ducale, per uno di que’non insolili colpi di fortuna, che traggono alla suprema dignità dello stato l’ardimentoso suscitatore di una popolare sommossa. Ciò avveniva nell’anno Ì052. Qui poi ci regalano, colla loro consueta lealtà, il Laugier p il Darù un’ altra delle loro favole. Scrive quello, avere il nuovo doge, per isfogar l’odio suo contro gli Orseoli, proposlo al popolo di sbandirne tutta la famiglia in perpetuo, ed esserne stala accolta di buon grado la proposizione. * 1 veneziani, egli dice, an-» cor riscaldali, soscrissero concordemente questo vergognoso de- li crelo col quale la famiglia Orseola, una delle più illustri dello » Stato, fu scacciata per sempre da Venezia, decaduta in perpetuo » da tulli gli onori, diritti e preeminenze : obbrobrio, che le resta » sino a questi giorni. » Alle quali parole fa eco il Darù e dice : » Ciascuno di quella casa fu mandato in bando, e gl’ illustri suoi » discendenti, trattali sempre quai nemici pubblici per fallo di un » solo, non potevano mai trovare un rifugio nè sulle terre sotlomes-» se dai loro maggiori, nè in quelle città che avevano rifabbricate, » nè in quella sconoscente capitale che abbellita avevano di glorio- > si monumenti. » Ma ciò tutto è falso : il solo Domenico fu confinalo a Ravenna ov’ erasi ricoverato, nè potè più vedere la patria. Ci assicurano infatti i monumenti e gli atti delle due chiese di Grado e di Torcello, che Orso patriarca dì quella e Vilale vescovo di questa, rimasero tranquilli alle loro sedi, senz’esservi mai molestali finché vissero. E inoltre, il progresso della storia ci porterà a conoscere esistenti nelle veneziane lagune e nella cospicua loro condizione di nobiltà molti Orseoli sino quasi alla fine del secolo undecimo : dopo la qual epoca o la famiglia loro andò esimia o cangiò il suo cognome.