anno 982—990. 285 egli, tenevasi già sicuro ili avere in pugno la vittoria. E mentre si vasta impresa macchinava, la morte di lui, tuttoché immatura, lo tolse dal mondo c restituì ai veneziani la pristina loro tranquillità. Imperciocché i Galoprini, privi di ogni appoggio, abbandonarono i posti, che custodivano intorno alle lagune, e cercarono asilo in Pavia, presso le imperatrici vedove, Adelaide e Teofania. Si fece loro mediatore presso ad esse il marchese Ugo, fratello della famosa Waldrada, e per la intercessione di lui e di quelle ottennero d’ essere accolli nelle patrie lagune. Né lo sarebbero stali senza le premure di Adelaide, che spedi ambasciatori al doge Memo ; né vermi altro, fuor di lei, eh’ era tulio dedita alla pietà, se ne sarebbe interessalo, perché costoro in tutta l’Italia erano abborriti come traditori della propria nazione, e perciò meritevoli di morie (1). Tutti pertanto ritornarono in pairia, ed eccezione di Stefano Caloprino, il padre, il quale era morto in Pavia, poco dopo la morte dell’ imperatore Ottone. Del quale ritorno dei Galoprini fremettero nel loro cuore i Morosini, e giurarono di non lasciare senza vendetta il sangue del loro trucidalo Domenico, tostochò opportuna si fosse presentala loro l’occasione. E questa tardò sino all’anno 990, circa: tutlavolta lor giunse. Quattro figliuoli di Stefano Caloprino, uno ile’ quali era prete, furono colli dai Morosini, nel mentre che in una piccola barchetta passavano dal palazzo ducale alla propria casa. Nessuno di loro fu salvo : e, per giunta di crudeltà, un servo ilei Morosini li condusse in quella stessa barchetta sino alla loro casa : orrendo spettacolo alla desolala madre cd alle vedove spose di quegl’ infelici ! Arsero di vivo sdegno tulle le isole veneziane alla notizia del crudele assassinio: e vie più ne fremettero al vedere l’indolenza del doge, dopo un misfatto sì enorme. Si unirono in assemblea generale e lo deposero dalla dignità cosi deformemente occupata : (i) Cron. Sagorn. Quam omnibus pene Italiae principibus morte digni ob propriae patriae deìationem dijudicati sunt.