260 LIBRO II, CAPO XL. d’ oro, e poscia fu rivenduta per venticinque. Era gravissimo il disordine, che questi schiavi introducevano nel costume dei nostri, e perciò di concerto la civile e 1’ ecclesiastica potestà univansi ad impedirne il progresso. E quanto alla proibizione del portare lettere e dispacci, è da notarsi, che da per lutto correvano in quell’età gravi tumulti politici, particolarmente nell’ Italia. Perché Berengario re faceva di tutto per sostenersi; l’imperatore dei greci, Romano li, avea guadagnato molta influenza circa agli affari dell’ Italia ; all’ Italia ardentemente agognava l’imperatore d’ occidente, Ottone il grande; cd anche il papa cercava di ricuperar 1’ antica sua autorità sui magnati e sui grandi dei suoi stali, i quali vi dominavano da padroni; i saraceni della Sicilia e dell’ Africa cercavano sempre 1’ occasione di poter fare nuove conquiste in Italia. E intanto, in mezzo a tanta collisione d’interessi e di tendenze nella politica posizione della nostra penisola, i soli veneziani vivevano tranquilli nelle loro lagune e conservavano tra loro inestinguibile il sacro fuoco della nazionale indipendenza. Moltissimo interessava loro il mantenersi nello stato di sì preziosa politica posizione, e somma cautela esigevasi per non aversene a sbilanciare. E poiché la via più facile, per andare alla corte greca e per portarvi notizie e lettere, era il commercio marittimo dei veneziani, perciò il doge Pietro Candiano IV non potè a meno di , non considerare, che sebbene la repubblica era unita d’interessi coll' impero greco, non lo doveva per altro essere più di quello che la buona politica lo esigeva. Nel che voleavi somma prudenza, sì per non offendere i tedeschi e non disgustare i greci, e sì per non far sapere nè agli uni nè agli altri più di quanto il nazionale interesse mostrava conveniente e necessario che sapessero. Il sinodo dunque, di cui ho parlato, decretò assoluta proibizione ai veneziani di portare lettere e dispacci dalle corti estere dell’Europa alla greca corte di Costantinopoli. E colla saggezza di sì prudente politica seppe Venezia serbare inviolata la sua indipendenza, e starsene in armonia colle nazioni ,