372 LIBRO III, CAPO XX. così descrittaci dai greci storici, assomigliasse all’ariete degli antichi romani, o fosse della foggia di quella, di cui appunto i romani si valsero nella prima guerra punica, per danneggiare i navigli dei cartaginesi. Ingegnoso ritrovato dei nostri fu senza dubbio cotesta macchina, perche, non potendo le loro navi a cagione della smisurata lor mole, manovrare contro i legni assai più piccoli e leggieri della flotta normanna, riuscì loro facilissimo non solo il nuocere gravissimamente a quanti con siffatte travi ne afferravano, ma li costringevano altresì a restar fermi sotto la grandine orrenda dei proiettili, che rovesciavano su di loro i frombolieri e gli arcieri. Cosi la flotta veneziana, diventata a guisa delle alte mura di una città, ren-devasi inespugnabile, ned era possibile ai nemici il nuocerle, finché non avessero dato la scalata, come si prenderebbe d’assalto per le mura o per le torri una piazza. E lutto questo apparato fu allestito nel breve spazio di una corta notte di estate. Fatto il dì, mosse Boemondo colle sue navi alla volta della flotta veneziana, per avere la desiderata risposta alla sua proposizione. Ma ben diverso spettacolo da quello del giorno avanti gli si presentò dinanzi nello straordinario e singolare apparato di guerra. Peggio poi furono per lui le derisioni e gli scherni dei marinari e soldati nostri, i quali pronti a' combattere Io villaneggiavano col dirlo imberbe : e ciò non tanto per la sua giovinezza, quanto perché non lasciavasi al mento, come i greci e i veneziani, la barba. Ardente ed impetuoso com’era, non seppe contenersi a siffatti insulti, e, senza por mente alla disparità del conflitto, comandò ai suoi navigli l’attacco, e subito avviossi colla prima mossa incontro alla capitana e ne tentò l’arrembaggio. Gli altri legni normanni, sull’ e-sempio del condottiero, si spinsero arditamente framezzo alla linea dei vascelli nemici, e didero principio ad un furioso ed ostinato conflitto. Boemondo col suo naviglio lottava ferocemente contro l’ammiraglia dei veneziani : quando nel più forte della mischia incominciarono a piombar giù dall’ alto con orrendo fracasso le travi micidiali ; di cui la prima colpì così bene la nave di Boemondo, che