188 LIBRO II, CAPO XVIII. lido di Caorle, e quindi il saccheggio e l’incendio di quella città. Checché per altro ne sia, poterono con tutto ciò i veneziani riunire insieme un rimasuglio di flotta, e, rinnovando con più vigore l’impeto sopra quei feroci corsari, finalmente li costrinsero a snidare di là ed a rientrare nei loro porti. • CAPO XVIII. Discordie intestine : assassinio del doge Pietro Tradonico. Non era lo stato meno sconvolto da turbolenze al di dentro di quello che lo avessero ridotto al di fuori le narrate disavventure. Da molti anni regnavano feroci inimicizie tra le famiglie nobili dei Giustiniani, de’ Brapalii e de’ Polani da una parte, e degl’ Istoili, de’ Selvii o Silvii e de’Barbolani dall’altra (1). Le quali inimicizie avevano sì gagliarmente inasprito i due discordi partiti, che fire-quenti omicidii inondavano di sangue cittadinesco le isole reaitine ; particolarmente circa l’anno 860; nè v’era più sicurezza in Venezia, non più sorveglianza nel governo, non più potere in chi comandava, non più dipendenza in chi doveva ubbidire. Il doge avrebbe dovuto dar degli esempii, e castigare i colpevoli; ma in siffatti sconvolgimenti civili, quanto è pericolosa l’impunità, perchè fa crescere l’ardire, altrettanto e forse di più lo è il castigo, perchè irrita gli animi ed a vendetta li provoca. Le mormorazioni intanto crescevano contro di lui ; e sì che nelle varie cronache Io si vede di variante colpa accusato. E detto infatti, eli’ egli maliziosamente e di nascosto fomentasse la discordia per regnare più libero ed assoluto ; è detto, eh’ egli fosse uomo superbo, che sdegnava d’essere accompagnato dai nobili, che non soffriva la vicinanza di chicchessia, tranne di chi fosse stato della sua famiglia o del corteggio ducale ; è detto, (i) Se ne ha notizia da una noia del dolo, pubblicala dal Muratori nel lom. XII codice ambrosiano della cronaca del Dan- della raccolta Ber. Italie, script., pag . 175.