anno 827. 147 repubblica. Al che io feci brevissimo cenno (f): ma qui devo trattenermi alquanto più di proposito. E primieramente fa d’ uopo richiamare alla memoria 1’ uso di quell’ età, in cui tutti i facoltosi andavano a gara nel fondare nuove chiese e monasteri, o almeno nell’ arricchirli con pingui lasciti. Giustiniano allora, in relazione strettissima colla corte greca, era stato onorato da quell’ imperatore col solilo titolo d’ipato. E inoltre il bizantino monarca, Leone l’iconoclasta, tuttoché disprezzatore e nemico delle sacre imagini, aveva inviato al doge, tra i ricchi doni profani, molte reliquie di santi, di cui abbondava l’imperiale città. Uno di questi fu il corpo di santo Zaccaria, padre del precursore e battezzatore di Cristo ; ned eravi miglior luogo per collocarlo, quanto la chiesa a lui intitolata sino dai tempi di san Magno (2). Essa per la sua antichità si trovava in grande bisogno di ristauro ; e F imperatore Leone, tosto che n’ ebbe avviso dal doge, volle col suo denaro, e con ricchi marmi da lui spediti, e persino coll’opera degli artefici a bella posta da lui deputati, innalzare il tempio desiderato. E perchè nulla mancasse ad ornamento e maestà di esso, volle che se ne affidassero la custodia e la cura a sacre vergini benedettine, alle quali eresse perciò vasto chiostro e doviziosa badia. Concorse generosamente alla fabbrica, sì della chiesa che del monastero, anche il doge Giustiniano; ma non volle, che, neppure in piccola parte, se ne ascrivesse a lui il merito, cui tutto invece volle attribuito all’ imperatore. Perciò estese il diploma, che io poco dianzi nominava, e che qui voglio diligentemente inserire, acciocché si possa farne confronto con quello inesatto e alterato, che pubblicò nella sua Prefazione storica 1’ infedele Laugier. Io lo trassi dal Sansovino (3), il quale ce lo porta così : « Sia noto a ciascun Chri-» stiano et feàele del Santo Romano Imperio, tanto a coloro, che » sono presenti, quanto a coloro che verranno dopo di noi, così (1) Nella pag. 43. (2) Veci, nella pag. 6o. (3) i.ib. 11, pag. 26 e seg<