3H LIBRO III, CAPO XIII. essi gli antichi trattati de’sovrani suoi predecessori. Tutto ciò era lavoro del patriarca Pepone, a cui Corrado concedeva particolare protezione. Col sussidio di questa, egli potè ottenere anche dalla santa Sede il soddisfacimento delle sue mire orgogliose sopra la chiesa di Grado. Imperciocché, approfittando della seconda fuga del patriarca Orso e della circostanza, che Corrado, nell’ anno 1027, aveva ricevoto in Roma la corona imperiale, e che il papa Giovanni XIX vi teneva numerosa assemblea di prelati, egli si gettò ai loro piedi, implorando giustizia contro il patriarca gradese, cui egli diceva usurpatore di quella sede, e chiedendo che fosse decretato, la chiesa di Grado essere dipendente dalla sua di Aqui-leia. E il decreto gli fu concesso ; ivi lo si dichiarava , padrone c possessore legittimo di quella sede, creduta indebitamente sino allora metropoli ecclesiastica (I). Ma 1’ Orseolo, benché lontano, ebbe maniera di far sentire al papa le sue lagnanze, e d’illuminarlo su questo argomento, dimostrandogli come il malizioso Pepone l’avesse tratto nell’ inganno e gli avesse carpito quell’ ingiusta sentenza. Il papa citò allora a comparire i due patriarchi dinanzi al suo tribunale, perchè vi portassero le loro ragioni : Orso vi si recò, ma Pepone, conoscendosi dalla parte del torto, mandò un monaco suo amico, perché gli facesse da avvocalo. A bella posta fu radunato un sinodo nella chiesa di san Silvestro , ove si presero ad esame le pretensioni dei due pastori ; ma il monaco procuratore del patriarca aquile-iese, ben sapendo quanto fosse reo il suo mandante, parli da Roma pria che il concilio decidesse. Abbiamo nel codice Trevisaneo la sentenza pontificia a favore del patriarca di Grado : in essa è nar-nalo distesamente tutto il violento procedere di Popone per impadronirsi di quella sede. E cosi ebbe fine anche per questa volla la solita controversia tra le due chiese. (i) Vedi inlorno a ciò il Bercila nel cap. XIV della sua storia sullo Scisma dei tre capitoli.