124 LIBRO I, CAPO XXXVI. Eraclca ed Equilio, le quali, dopo quest’ orrido eccidio, non più risorsero al primitivo splendore. I miseri abitatori di tanti luoghi distrutti, sull’ esempio dei loro padri, trasmigrarono alle più sicure isole di Burano, di Torcello, di Mazzorbo, e, per la maggior parte, ripararono nell’ impenetrabile gruppo delle realtine. CAPO XXXVI. Sono esiliati i doyi Ohe le rio e Beato. Pipino, fermatosi in Albiola, non arrischiava di passare a Mala-mocco. Albiola infatti, cui Costantino Porfirogenito nominò Haibola, era una grossa borgata lungo il lido di Pellestrina ; aveva un ottimo porto e profondo, che oggidì rimane interrato (1) ; ed era colà appunto dove sorge 1’ odierno Porlosecco. Un canale assai largo e di molto fondo la divideva da Malamocco. N’ era pericoloso, per quanto parve a Pipino, il tragitto ; perchè si trattava di dover approdare alla primaria isola capitale del repubblicano governo ; e la resistenza perciò e la ferocia dei difensori, già consapevoli di tante perdile e distruzioni di altre isole, supponevasi più vigorosa e accanita. E menlr’ egli temeva della esacerbata gagliardia dei veneziani, eglino invece temevano della baldanzosa audacia del vincitore favorito ormai da cosi prosperi avvenimenti. I partigiani intanto del re francese, tra i quali Obelerio e Beato erano i più fervorosi, parlavano nell’ assemblea contro chi progettava di fortificarsi a contrastare il passaggio ai nemici ; e mentre a questo progetto contraddicevano, adoperavansi a persuadere, perchè si mandassero ambasciatori a Pipino per trattare con lui di componimento e di pace, prima che vittorioso piombasse sopra di loro a compiervi il fatale (i) Pare, che questo interramento av- edera già ridotto assai largo e profondo venisse a poco a poco, finché netta guerra 1’ altro non discosto di Malamocco. Ved. il del 1379 non lasciava più adito alle navi. Filiasi. lom. Ili, pag. 2f)4-