2i|0 LIBRO II, CAPO XXXIII. gli avessero domandato. Eglino, premurosi del decoro della propria parrocchia, domandarono, che il doge con lutlo il suo seguito visitasse annualmente in perpetuo la chiesa di santa Maria Formosa la vigilia della festa della Purificazione, che n’ è il titolare ; ed ivi assistesse al vespero solenne, e vi ritornasse anche all’indomani per la messa. E se avrò sete ? soggiunse il doge sorridendo. Vi daremo a bere ; risposero quelli. E se pioverà ? ripigliò egli. Vi daremo cappelli, di cui coprirvi; soggiunsero. Sia e sarà sempre: conchiuse il doge. E sempre fu veramente questa costumanza finche durò la repubblica. La quale costumanza in ciò consisteva, che il doge ogni anno andava solennemente la vigilia e il giorno della Purificazione, ossia ai vesperi del giorno primo, e alla messa del giorno 2 di febbrajo, a visitare la chiesa suindicata ; e il pievano, a nome del suo popolo, gli offeriva due fiaschi di malvagia, due aranci, e due cappelli di paglia, oppur di carta dorata, su cui erano impresse le arme del papa, del doge e del parroco. Narrando elegantemente questo privilegio concesso ai cassellari dal doge, notò il Mulinelli, ne’suoi Annali urbani di Venezia (1), quasi volendo contraddire alla costante tradizione, avere osservalo « e mollo giudiziosamente il chiarissimo Gallicciolli — essere stati » usati i nostri vecchi dire cassa per casa, e però quando nella città » tutte quasi ancora le case erano di legno, agevolmente possono » essersi ragunati (in quell’incontro) tanti uomini professori dello » stesso mestiere. Non dunque i fabbricatori di casse, ma quelli » di case furono i più, per mezzo dei quali si riportò la vittoria. » Ma il buon uomo non ricordò o non seppe, che i nostri storici antichi scrissero in latino, c che in quell’ idioma non v' ha pericolo di equivocare le voci domus e capsa, e quindi di pigliar cassa per casa. Ned è poi vero, che nel dialetto nostro s’abbia inai usalo pronunziare cassa invece di casa ; e me ne appello al giudizio (1) Lib. I, ann. ¡>43, pag. 23.