ASM) 809. 121 CAPO XXXIV. / dogi Obelerio e Beato sono spediti dall’ assemblea ambasciatori a Carlomagno. Le parole coraggiose e sensate di Angelo fecero grande impressione sull’ assemblea ; moltissimi all’ idea di servitù, dichiara-vansi pronti a qualunque sacrifizio piultostochè a quello della libertà, ed altri scorgevano sicurissimo nella valorosa difesa il trionfo. Si decretò quindi, secondo il consiglio dell’ eloquente parlamentario, che si mandassero ambasciatori aH’impcralore Carlo : ed ambasciatori furono scelti i due dogi Obelerio e Beato. Era incumbenza di questi Io smentire le voci portate a lui contro la veneziana lealtà nell’ amicizia coi franchi ; assicurarlo della riconoscenza dei veneti per le rinnovate concessioni a vantaggio dei loro traffichi ; rammentargli, a confermamento di ciò, 1’ assistenza prestatagli nell’ assedio di Pavia ; farlo persuaso, che dagli antenati era stato in loro trasfuso 1’ amore per la pace, unica fonte di lucroso commercio, e che questa volevano conservare con tutti ed egualmente con lui, e eh’ essi non consideravano loro nemici che i soli pirati, i quali a tutti lo sono. Alle quali proteste della repubblica portarono indietro gli ambasciatori la risposta dell’ imperatore, essergli stato sempre a cuore più il conservare la fedeltà colla pace, clic non il vincere colla guerra; ned essere mai per impedire, che i veneziani pacificamente si governassero colle patrie lor leggi. Fossero o no sincere queste dichiarazioni per la parte di Carlo, il fatto le mostrò bugiarde per la parte del suo figliuolo Pipino, il quale, baldo della potenza del padre e della sua, andava formando nella sua mente grandiosi progetti militari, e disponevasi a coprire l’Adriatico di poderose lorze navali. Del che accortisi i veneziani, mandarono a dire prestamente vol. i. 16