ono 1042—1045. 355 Ma Iddio intanto, prima che gli ambascialori veneziani ritornassero a Rialto, lo aveva tolto dal mondo : ed eravi partito, siccome aUeslano gli storici e la decretale stessa dal papa, improvvisamente ed impenitente (1). IV altronde poi non era Popone un uomo privo d’ingegno. Era suo progetto il rifabbricare la distrutta Aquileia e il riporla in siffatto lustro da primeggiare per ogni ragione sopra 1’ emula Grado : questo progetto egli poteva facilmente condurre a termine colle molle sue ricchezze. E intanto egli vi aveva fabbricato la vasta chiesa metropolitana, eli’c quella stessa di oggidì; vi aveva unito da presso il palazzo patriarcale, e inoltre un ampio chiostro per monache, e trenta botteghe per uso di mercatanti cd artefici, e moltissime case pei cittadini, e tutto il recinto di mura ed alte torri all’ intorno della risiaurata città. Vicppù dannose poi riuscivano a Grado tutte queste intraprese di Popone, perchè dagli imperatori Corrado ed Arrigo 11 aveva saputo ottenere amplissimi privilegi a favore della sua metropoli e diretti a recare non lieve danno allo stesso commercio dei veneziani nel Friuli, nell’ Istria, nella Carinlia e in altri luoghi da quella parie. Per meglio riuscire nel suo proposito, Pepone aveva tolto loro il diritto sul porto Pilo, che comunicava colle lagune di Grado e che i veneziani, già da più secoli, possedevano in enfiteusi : quivi anzi costrusse botteghe c fondachi, perchè fossero scala al traffico de’suoi in Aquileia e al di là. Propizia fu perciò la morte di quell’ ambizioso patriarca non solo agl’ interessi ecclesiastici di Grado, ma altresì ai commerciali dell’ intiero estuario. Anche il patriarca Orso Orseolo morì poco dopo ; e a lui fu sostituito Domenico Roleano, uno dei cappellani della chiesa ducale di san Marco. Ma non viss’egli che sette soli giorni : perciò nello stesso anno 1045, fu eletto a quella sede Domenico Marengo. Fece ogni sforzo, è vero, il doge Contarmi per riparare ai tanti danni, che avevano sofferto le chiese e gli edifizii di Grado; (i) Divino judicio sine confessione et viatico ab hoc luce subtractus est. De-eret. Lp. Johan.. presso T Ughelli, Ilal. sacr., tom. V.