198 LIBRO II. CAPO XXI. che aveva nome Domenico. Costui era stalo monaco ili sant’ llario di Kusina, ed era allora abate di santo Stefano di Aitino, monastero piantato sulle rovine di quella città. Un eccessivo fervore di malintesa pietà lo aveva persuaso a farsi mutilare: per lo che s’era tirata addosso la persecuzione di lutti i monaci, a grado che lo scacciarono ; e sollanlo dopo lunga dimora nella Romagna fu nuovamente ricevuto nel monastero. Ma il metropolitano gradese, Pietro Mar-lurio, rigidissimo osservatore dell’ ecclesiastica disciplina, ricusò di conferirgli 1’ episcopale consecrazione. E di qua incominciarono le dissensioni, che durarono varii anni, Ira il patriarca e il doge. Fece, in verità, poco onore ad Orso Parlccipazio una sì eccessiva protezione verso il suo eletto, in onta delle leggi ecclesiastiche, le quali escludono dal sacro ministero gli eunuchi. Pietro patriarca passò anzi più oltre, sino a scomunicare il candidato : e il doge dal canto suo proruppe in violenti minaccie contro l’irremovibile patriarca. E sì fortemente lo minacciò, che lo costrinse a fuggire da Grado ed a ricoverarsi nell’ Islria, il’ onde poscia, perchè non vi si trovava sicuro, trasferissi a Roma presso il papa Giovanni Vili. ]Nè potendosi di colà accomodare amichevolmente la cosa, risolse il papa, che la si trattasse in un concilio di vescovi, al quale chiamò, benché indarno, 1’ eletto Domenico, principale motivo della discordia, e con esso anche Pietro vescovo di Equilio e Felice di Mala-mocco, ed altri ancora degli ecclesiastici veneziani. Domenico vi si rifiutò assolutamente: Pietro e Felice, perchè partigiani decisi ili lui e nemici dichiarati ilei patriarca.se ne scusarono con pretesti; il primo perchè stava per partire alla volta di Costantinopoli, il secondo perchè assai vecchio ed infermo. Sdegnato il papa per lo rifiuto, fu sul punto di scomunicarli tutti. Scrisse perciò lettera di rimprovero ai due vescovi partigiani, e lettera di esortazione al doge ; e scrisse anche a Domenico vescovo di Olivolo ed a Leone vescovo di Caorle, perchè prendessero esatta informazione del fatto, e si trattenessero alle loro sedi, per aver cura delle diocesi di quegli altri, che si fossero trasferiti al concilio. Ed anzi, per maggiore