296 LIBRO 11, CAPO L. » poi da Siracusani, poi da Romani e Greci, e infine dagli Slavi » Narenlani. Lontana dalle lagune veneziane duecento miglia circa, » posta quasi alla metà del golfo e in faccia alle coste dell’ Abruzzo, » troppo molesta era per la sua situazione ai navigatori veneziani. » I sciabecchi corsali in essa aveano un sicuro ricovero e un na-» scondiglio eccellente. » Qui pertanto le soldalasche della repubblica fecero uno sbarco ; andarono sopra la città, che porta il nome stesso dell’ isola ; ne posero a (il di spada per la maggior parte gli abitatori ; ne trassero schiavi a Venezia i superstiti, particolarmente le donne e i fanciulli. Narra il Sagomino, che gli slavi, furenti per questo avvenimento, fecero dire all’ Orseolo, eli’ eglino ad ogni costo lo avrebbero coslretto a pagare il preteso loro tributo. Rise di siffatte minaccie il doge intrepido; e poiché più alta impresa meditava sulla Dalmazia e sull’ Istria, fece rispondere alla loro arrogante proposizione, sè esser pronto a darne loro soddisfazione, c non per mezzo di ambasciatori, ma personalmente egli stesso (4). C A P 0 L. Disgusti interni quietali dal doge. \d onta di si grande assiduità dell’Orseolo nell’attendere ai vantaggi della nazione, egli aveva qualche nemico, che suscitava occultamente contro di lui turbolenze c inquietudini, ina che d’altronde egli seppe colla sua rara sagacità tranquillare e ricondurre al buon ordine. Gli storici, per verità; neppure i più antichi, neppure il contemporaneo cronista Sagomino; non fanno parola di quest’inter-ni disgusti; ma nc abbiamo sicura notizia da un documento del (ì) Non per quemlibct nunciorum hoc mittere curo. Sed vita cornile ad hanc persolvendam dationem venire ipse non denegaùo.