208 LIBRO li, CAPO XXIV. « prati di Eraclea, ossia di Città nuova e ili Capodarginc, dello oggidì Caodarzere ; la navigazione su tutti i fiumi del regno italico; la franchigia assoluta di tutte le merci proprie del doge. Egli è questo un trattato e diverso da quello, che ho nominato poco dianzi (1), cui disse per ¡sbaglio il Laugier stabilito con Carlo il calvo, e posteriore altresì, perchè quello ha la nota cronologica, siccome ho detto, dell’ anno primo dell’ impero di Carlo il grosso, ossia dell’ 881, e questo invece fu conchiuso quando Carlo era in Mantova, e lo era, secondo il Muratori, nell’ 883. Non molto dopo, il doge Giovanni cadde malato gravemente, nè lusingandosi di guarire, permise, che il popolo acclamasse doge suo fratello Pietro, il quale continuò ad essergli collega nella dignità anche dopo di essersi ristabilito in salute. Non 1’ ebbe per altro lungamente a collega, perchè non andò guari, che Pietro morisse. A cui Giovanni volle sostituito 1’ altro suo fratello Orso, benché egli stesso lo conoscesse inabile al governo di uno stato. Tuttavolla, associato a lui, e governando non in principalità, ma di concerto con lui, avrebbe potuto mediocremente riuscire. E così fu finché Giovanni rimase sano : quando poi ricadde nella prima infermità, diede a conoscere palesemente quanto foss’ egli animato di spirito patriotico. Imperciocché, con raro esempio di modestia e nulla curando, clic la dignità ducale restasse nella sua famiglia, indusse il fratello a rinunziarla, e poscia la rinunziò aneli’ egli ; e così, ritornando alla condizione di semplice privato, lasciò libera al popolo la scelta di chi meglio gli fosse piaciuto. La quale magnanima azione di Giovanni Partecipazio I renderà sempre gloriosa ai posteri la memoria di lui, e conserverà nella veneta storia un solenne esempio di patrio amore e di repubblicano disinteresse. L’assemblea nazionale, a’ 17 di aprile 887, elesse suo doge Pietro Candiano, il quale subito si recò a visitare l’infermo Parte- (i) Nella pa". 201. II trattalo, distìnto da quello, è portato dal Dandolo, ed è inserito nel coti, diplom. Trevisano.