224 LIBRO II, CAPO XXViti, sommi onori, fu colmato di preziosi regali, fu decorato delle insegne e del titolo di protospatario. Uopo breve dimora in quella capitale, si rimise in viaggio per a Venezia. Regnava allora perfetta pace tra i veneziani e le feroci nazioni, che stanno tra il mare Eu-sino e 1’ Adriatico; perciò invogliossi di battere la via di terra, piut-tostochè affidarsi all’ incostanza del mare. Attraversata pertanto la Bulgaria e la Bosnia, entrò nella Dalmazia terrestre. Ma non si tosto pose il piede sul territorio di uno di que’ ducili, che dominavano gli slavi, il quale aveva nome Michele, fu, per ordine di costui, arrestato, svaligiato e consegnalo prigioniero a Simeone re dei bulgari. Dell’ arrestarlo e dello svaligiarlo si vede chiarissima la ragione : l’innato desiderio di quei barbari, i quali non agognavano che alle rapine, e fors’ anche le auliche ricordanze delle tante perdite loro cagionate dai veneziani, e quindi la vista di un’ opportuna occasione di vendicarsene. Ma quanto al consegnarlo prigioniero al re dei bulgari, non ci è palese il motivo. Pensano alcuni, o che vi avesse una qualche contesa Ira quella nazione e i mercatanti veneziani, o che, per le discordie sussistenti Ira bulgari e greci, credesse il duca Michele di far cosa grata ai primi, consegnando loro il figlio di un doge veneziano allealo dei secondi. Checché ne sia, Orso, appena intese la schiavitù del suo figliuolo, invii» a quel re 1’ arcidiacono di Malamocco, nominato Domenico, uomo di molto proposito ed esperto nel maneggio di affari difficili ; e questi, col-1’ esborso di grossa somma di oro, e col presentare a quel barbaro preziosi doni, riscattò Pietro e lo restituì al padre, il quale, in contrassegno della sua riconoscenza, lo fece dipoi eleggere vescovo di Malamocco. Alcuni storici, sull’appoggio di cronisti volgari (1), fissano intorno a questo tempo la fondazione di due zecche in Venezia, ossia nella città capitale della Venezia : e ne formano un punto interessante della nostra storia, poiché appartenente a sovranità di li) Cosi li nomina il Sanili, nella sua Stor. do. veneziana, lib. II, cap. \ 11.