a.nho ti0:2—1171. ¡»77 allora, che il Comneno, vedendo riuscite a vuoto le sue intenzioni, arse vieppiù di collera ed intraprese a cercarne soddisfazione sulla veneziana Dalmazia . AH’ impensata piombò addosso con moltissime truppe sopra Traù, Ragusi e Spalatro; ne fece devastare i territorii senza verun riguardo nò a persone nè a luoghi ; saccheggiò le città, e in ciascuna pose un forte presidio. Né contento di ciò, diede ordine che si predassero tutti i legni veneziani, i quali avessero navigalo in quelle acque. Era questa l’ingiuria più grave, eh’ egli potesse recare alla repubblica di Venezia. Ed era questa la lealtà alle promesse falle ai veneziani nel 1149 col famoso crisobolo o bolla suggellata in oro, di cui conservasi il contenuto nel famoso codice Trevisaneo (1). Ma riuscito vano il primo tentativo, non islelte guari ad azzardarne un secondo. Finse di volere amichevole riconciliazione: perciò chiese ambasciatori a Costantinopoli, coi quali slabilirnc il trattato : sua prima promessa era di ripristinare il commercio, ormai per lo timore notabilmente scemato. Si dubitò in Venezia, se potesse prestarsi fede a chi non la meritava : il dubbio fu proposto all’assemblea della nazione: se ne fece lunga discussione; deliberossi di credergli. Furono scehi perciò ambasciatori Sebastiano Ziani ed Orio Maslropielro, che successivamente dipoi diventarono dogi : fu con-* cesso ai mercatanti veneziani di rimettere in mare le loro navi, per continuare il commercio. Ma la perfidia del greco imperatore gli aspettava nei porli del Levante. Di mano in mano che vi approdavano, i greci se li facevano loro preda. La notizia giunse a Venezia: il doge montò sulle furie; si affreltò alla vendetta. Fu visto allora il prodigio di armare cento galee in cento giorni, ciascuna di esse era mossa da cenquaranta remiganti, ciascuna portava a bordo numerose soldatesche sceltissime. Nessuna forse delle potenze marittime d’ oggidì potrebbe fare altrettanto. Ma 1’ esito della guerra fu infelicissimo per Venezia. Perché, (i) Png i33 o seg.