a.mso 888. 215 del sua governo, s' abbiano dimenticato di questo Domenico; perchè, come osserva lo stesso Filiasi (1), « non possiam dire abba- > stanza quanto confusi ed inesatti siano ne’ loro racconti, difetto * generale però e comune a tutti gli scrittori de’ barbari secoli. » Era sconvolta in questo tempo l’Italia per le discordie di Berengario e di Guido, i quali, essendo stali eletti re tutti e due, si distruggevano a vicenda : Guido aveva anche ottenuto dal papa il titolo d’ imperatore (2). I veneziani soli, in mezzo a tanti sconvolgimenti, godevano pace c sicurezza nelle loro lagune, e per le saggie premure del doge Pietro Tribuno vedevano prosperare sempre più il loro commercio. Si risarcivano così, a poco a poco, dei tanti danni sofferti in addietro, per le guerre sostenute contro i pirati della Dalmazia. E, benché fosse assai debole il potere del nuovo imperatore, tuttavia i nostri vollero confermati anche da lui i trattati precedenti, già conchiusi co’ suoi antecessori : perciò il doge spedì a Pavia un’ ambasciata solenne, composta di Domenico e Maurizio Cherici, e di un terzo, che aveva nome Vitale. Senza conceder nulla di nuovo, 1’ imperatore confermò genericamente tutti i patti conchiusi in addietro tra i veneziani ed i franchi ; e ciò soltanto bastava ai nostri, perché ne fosse assicuralo il commercio, ne fossero tutelali i viaggi, ne fossero rispettate le immunità ottenute e godute nel regno italico. CAPO XXVII. Venezia minacciata dagli unni. Ma la sicurezza e la pace, che godevano i veneziani nelle loro lagune, fu ben presto in pericolo gravissimo, a cagione di quelle discordie, che tenevano sossopra 1’ intiera Italia. Berengario, Arnolfo, Lamberto, combattendo tra loro per i proprii interessi, né (i) Ivi, pag. 134. la) Muro tori. A miai. <]' Ilal. ami. 8gi