anno 1006. 531 figlio del profugo Suringa (1) ; le altre Ire si dedicarono alla vila claustrale : una di esse fu quella Felicia, eli’essendo abadessa del monastero di san Giovanni di Torccllo ottenne dal padre suo il corpo della vergine e martire santa Barbara di Nicoinedia, portato, siccome dissi, da Costantinopoli e depositato quattro anni avanti nella chiesa di san Marco. Della quale chiesa di san Marco progredì assai la fabbrica, per la munificenza del doge Pietro Orseolo 11, e fu ridotta poco meno che allo stato del suo compimento. Ed anche la fabbrica del palazzo ducale aveva fatto a’ suoi giorni notevole progresso a rialzare la maestosa fronte, sino a potervi alloggiare decorosamente, come s’ e veduto, l’imperatore Ottone 111 ed a fargliene ammirare la non comune bellezza (2). Altri monumenti della sua principesca generosità furono le fabbriche da lui ordinate in Grado e in Eraclea. In questa fece ristaurare molli dei pubblici edifìzii, ridotti poco meno che alla rovina, per le vicende delle guerre e per la vecchiezza degli anni : vi fabbricò un palazzo per dimora ducale, quasi a ricordanza dell’ antica sede, che vi avevano avuto i primi dogi della veneziana consociazione. In Grado ristabilì le cadenti mura della città, ne rifabbricò le alte torri, vi rizzò similmente un palazzo, perchè servisse di albergo al doge, ogni qual volta gli fosse piaciuto di trasferirvisi ; e con eguale munificenza ristaurò * ed arricchì di preziosi marmi la chiesa metropolitana di santa Eufemia e le cappelle, ove riposavano le spoglie dei santi martiri aquileiesi. Dopo di avere 1’ Orseolo saggiamente regolato le domestiche cose, come testé io narrava, fece accordo colla moglie Maria di condurre spontanea vila di continenza e di celibato e poco meno che monastica. Abitarono tultavolta il medesimo palazzo ; ma spogliati quasi di ogni terrena proprietà : si occupavano intanto di (i) Vedi nella pag. 3oi. (a) Cron. Sagorn. Vedasi ciò die narrai nella pag. 315.