482 LIBRO IV, CAPO XXIII. quello de’ così delti Pregadi, aveva di che somigliare col consiglio maggiore ; perchè nè l’uno nè l’altro di quelli aveva in sè concentrata l’intiera e piena sovranità popolare elettorale, nella guisa, che in questo vi era. I tribuni governavano di concerto, ma la repubblica allora non aveva doge ; i pregadi erano invitati di volta in volta, che il doge ne aveva bisogno, e talvolta gli uni, talvolta gli altri. Ma i membri del maggior consiglio, eletti una volta, duravano un anno; e non dal doge, ma dal consiglio stesso eleggevansi. La famosa Ser-raía di questo consesso sovrano, avvenuta nei primi anni del seco- lo XIV, quando si decretò, che non vi si ammettessero che i soli nobili, rovesciò tutto il sistema della repubblica democratica, e la ridusse a piena ed assoluta aristocrazia. Del che alla sua volta. CAPO XXIII. Nuova forma della elezione del doge. Si stabili nel medesimo tempo di riformare la elezione del doge, acciocché una maturità di giudizio ne prevenisse la scelta, e così fosse chiuso qualunque adito ai malcontenti e ai tumulti. La elezione pertanto fu tolta al popolo; e fu stabilito, che per 1’ avvenire il doge sarrebbe eletto da undici elettori, la scelta dei quali appartenesse al maggior consiglio; lo si eleggerebbe per mezzo di scrutinio ; nove dei voti occorrerebbero per la elezione. Questo statuto diventava assai più difficile del primo, perchè importava niente meno che spogliare il popolo del suo naturale diritto di eleggere. Il popolo non vi si adattò così facilmente ; tumultuò anzi ed insistè nel sostenerlo. Si venne alla fine ad uno spediente, che valse a tranquillare gli animi. E fu, che il doge si eleggesse bensì dagli undici suindicati, ma che lo scelto da loro fosse presentato al popolo, e che la scelta non fosse valida finché il popolo non l’avesse approvata. La quale usanza, mutata in seguito nel suo intrinseco c ridotta a pura formalità, durò sino al cadere della repubblica. E