anno 735. 85 all’ impresa. L’ esarca, sotto apparenza il’ essere slato espulso dai veneziani, porlossi ad Imola, ove radunò tacitamente alquante soldatesche per inoltrarsi ad assalire Ravenna dalla parte della terra, tostochè il doge le fosse stato rimpelto dalla parte del mare. Orso, provvedute di ogni bisogno da guerra ottanta navi, salpò veleggiando con propizio vento, e giunse nel più litio della notte presso alle mura di Ravenna (1). Tosto diede ordine ai suoi di fulminare sulla città i terribili projettili incendiarti, clic si conoscevano col nome di fuochi greci. Al cadere di quella desolatricc tempesta sorgono, non prima scossi dal sonno che sbigottiti, i capitani, che custodivano Ravenna ; Ildebrando, nipote di Liutprando, e Perenileo, duca di Vicenza, si affrettano ad ordinare sopra i bastioni le assonnale milizie : le animano alla difesa : ma che ? nel mentre, che tentano di rispingere 1’ attacco da questa parte, il primo albeggiare del giorno li fa avvisati, che dalla parte della terra un’ altra armata gli assale, e li costringe a dividere in due le loro milizie e a sostenere il doppio conflitto contro gli assalitori. Ma indarno : perchè sebbene il poco numero dei soldati, che conduceva 1’ esarca, ne mostrasse facile ai longobardi la vittoria terrestre ; i veneziani, arrampicati sopra una selva di antenne, passavano con sicuro tragitto da queste alle mura della città, c ne allontanavano dal loro posto i difensori, sbigottiti ed attoniti alla vista di quell’ insolita maniera di darne la scalata ; c discendendo dalle espugnate mura nella quasi vinta città, riducevano alla peggio gli assaliti, ed ottenevano sopra di loro una piena vittoria. E, per colmo del trionfo, restò Ildebrando prigioniero del doge, e il suo collega Percndeo cadde estinto nel combattimento : e Paolo riebbe il perduto seggio di esarca, e l’imperatore Leone f allo dominio sul contrastatogli esarcato. Ai veneziani rimase il vanto di una vittoria si luminosa, che ne rese da per tutta l’Italia, egualmente che nel-I Oriente, glorioso il nome e temuto. (i) Allora la città di Ravenna era tuttavia bagnala dalle acque «lei mare, che ne toccavano le mura.