152 LIBRO II, CAPO VII. » Nel dinanzi avea un rubino di grossa mole e nel mezzo una croce » formala da ventitré smeraldi minori c cinque altri di somma belìi lezza, ed avea poi dodici baiassi. » Egli ci fa inoltre sapere, sulla testimonianza dello Stringa (1), che « il diamante di molto valore, » lavoralo od otto faccie, che splendeva sulla sommità, fu aggiunto » dappoi dalla repubblica. » Era questo il famoso corno ducale, che serviva ad ogni solenne coronazione del nuovo doge, e che nella visita annuale al monastero e alla chiesa di santo Zaccaria il doge stesso mostrava alle monache sopra un bacino, quasi a perpetua testimonianza di gratitudine verso le antiche donatrici di esso. Ed aggiungerò per ultima notizia circa questo rinomatissimo chiostro, che le monache quivi ammesse erano tutte delle primarie famiglie e delle più nobili ; siccome lo erano anche quelle del non discosto monastero di san Lorenzo, piantato intorno alla stessa epoca dalla famiglia del vescovo olivolese Orso Partecipazio. Delle quali cose parlerò più estesamente nell’ opera mia sulle Chiese d’ Italia, nell’ esporre la storia della chiesa di Venezia : qui non posso nè devo toccare siffatte materie, se non alla sfuggita e per quanto mi occorrono all’ integrità del racconto. CAPO VII. Molestie recate dal patriarca aquilejese al gradese. Bensi con più larga misura devo trattenermi sugli avvenimenti, che nella civile amministrazione dello stato causarono le suscitate discordie tra il patriarca di Aquileja e quello di Grado. Sino dal-1' anno 81 i occupava la sede aquilejese un Massenzio, uomo altero e litigante, il quale aveva indotto i vescovi dell’ Istria ad abbandonare Venerio patriarca di Grado, per passare sotto la metropolitica giurisdizione di lui. Né contento di ciò, aveva fatto ogni sforzo per (i) Chiesa di s. Marco, voi. II, pag. 43.